A Roma Ndc e Italia Popolare. Mazzotta (Sturzo): sì a esperienza politica riferita
alla Dottrina sociale
Trenta senatori, 29 deputati, sette europarlamentari. E poi il presidente della Regione
Calabria, Scopelliti, 16 assessori regionali e 88 consiglieri regionali. Angelino
Alfano ha presentato a Roma i numeri del Nuovo centrodestra, riunito per la prima
volta dopo la scissione da Forza Italia. Il ministro Lupi ha detto che il 7 dicembre
nella Capitale nascerà il nuovo partito. Sempre a Roma, l’assemblea di “Italia Democratica
e Popolare”. Per il ministro Mauro, "nascerà certamente una forza politica concepita
non come scialuppa ma come cantiere per una nave aperta a tutti coloro che scommettono
su un'Italia popolare e non populista, di destra o di sinistra". Alessandro Guarasci
ha sentito il parere di Roberto Mazzotta, presidente dell’Istituto Sturzo:
R. – Al di là
dell’utilità di seguire i vari movimenti, che sono poi legati anche a posizioni personali,
varrebbe la pena di porsi una domanda e di lavorarci su. In un periodo così duro della
vita italiana, non sarebbe un dovere per tutto quel mondo che si richiama alla Dottrina
sociale cristiana, che è un corpus organico, dare un contributo in maniera ordinata
alla possibilità di tenere insieme questa società che si sta disfacendo? Ecco, io
credo che il problema oggi sia questo: far qualcosa di più, di diverso e di dissimile
dall’ultimo ventennio.
D. – Questo vuol dire ricostruire, in qualche modo,
una post -Democrazia cristiana o cosa?
R. – Cercare di vedere se la realtà
che ci richiama a quella cultura non è in grado di dare risposte ai problemi più grossi
di ordine civile, istituzionale, economico, sociale, quindi di dare un contributo
sui problemi e sui comportamenti. E poi vedere quali ricadute politiche può avere
tutto questo: se quella di rimettere insieme un’esperienza come quella fatta nel passato,
o invece di portare avanti un’esperienza aperta, che non ha una qualificazione limitata
al nostro mondo, ma che ha l’anima culturale e concettuale che viene dalla nostra
cultura, senza limiti. La Democrazia cristiana ha dato un contributo immenso alla
vita di questo Paese, ma in una situazione internazionale e di conflitto politico
interno, che oggi non c’è più. Quindi, oggi, bisogna fare qualcosa di diverso, ma
bisogna fare qualcosa, perché continuare a guardare in maniera apparentemente distaccata,
come se non c’entrassimo niente, un Paese che va alla malora, secondo me qualche responsabilità
ce la dà.
D. – Il bipolarismo, dunque, come l’abbiamo inteso finora, secondo
lei, è finito?
R. – Il bipolarismo per esistere deve avere i poli. Uno sta
dichiarando di essere arrivato in porto, se possiamo chiamare “porto” la conclusione.
Sull’altro, non scommetterei tantissimo: con il dibattito interno che si sta svolgendo,
un certo orientamento della futura segreteria che, peraltro, andrà a una persona molto
interessante, quel polo può avere le caratteristiche opportunistiche per restare insieme,
ma le caratteristiche politiche no. Francamente, credo siano anche loro alla vigilia
della scomposizione. O vogliamo che il sistema politico si disgreghi in gruppuscoli
e prevalgano le posizioni di protesta e di disperazione o, se si vuole ricostruire
qualcosa di positivo, bisogna ricostruirlo non su una memoria, non su un’aspirazione,
ma su dei valori, su dei principi, su dei progetti.