Il Papa al Festival della Dottrina Sociale di Verona. Testo integrale del Videomessaggio
Saluto tutti i convenuti al terzo Festival della Dottrina Sociale della Chiesa che
ha come tema "Meno disuguaglianze, più differenze". In modo particolare, saluto il
Vescovo, Sua Eccellenza Mons. Zenti, e Sua Eminenza il Cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga
che avvierà i lavori. Un saluto a tutti i presenti e un grazie a Don Vincenzi che
da anni coordina il Festival. "Meno disuguaglianze, più differenze" è un titolo
che evidenzia la plurale ricchezza delle persone come espressione dei talenti personali
e prende le distanze dalla omologazione che mortifica e paradossalmente aumenta le
diseguaglianze. Vorrei tradurre il titolo in un’immagine: la sfera e il poliedro.
La sfera può rappresentare l’omologazione, come una specie di globalizzazione: è liscia,
senza sfaccettature, uguale a se stessa in tutte le parti. Il poliedro ha una forma
simile alla sfera, ma è composta da molte facce. Mi piace immaginare l’umanità come
un poliedro, nel quale le forme molteplici, esprimendosi, costituiscono gli elementi
che compongono, nella pluralità, l’unica famiglia umana. E questa sì è una vera globalizzazione.
L’altra globalizzazione – quella della sfera – è una omologazione. Un secondo pensiero
è rivolto ai giovani e agli anziani: il riconoscimento delle differenze valorizza
le persone, a differenza dell’omologazione, che è il rischio di scartarle perché non
sono in grado di cogliere il significato. Oggi, i giovani e i vecchi vengono considerati
scarti perché non rispondono alle logiche produttive in una visione funzionalista
della società, non rispondono ad alcun criterio utile di investimento. Si dice sono
"passivi", non producono, nell’economia del mercato non sono soggetti di produzione.
Non dobbiamo dimenticare, però, che i giovani ed i vecchi portano ciascuno una loro
grande ricchezza: ambedue sono il futuro di un popolo. I giovani sono la forza
per andare avanti; i vecchi sono la memoria del popolo, la saggezza. Non ci può essere
sviluppo autentico, né crescita armonica di una società se viene negata la forza dei
giovani e la memoria dei vecchi. Un popolo che non ha cura dei giovani, dei vecchi
non ha futuro. E’ per questo che dobbiamo fare tutto quanto è possibile per evitare
che la nostra società produca uno scarto sociale e dobbiamo impegnarci tutti per tenere
viva la memoria, con lo sguardo rivolto al futuro. Pensiamo alla percentuale dei
giovani che in questo momento sono senza lavoro: in alcuni Paesi si parla del 40 o
più per cento di giovani senza lavoro. Questa è un’ipoteca, è un’ipoteca per un futuro.
E se questo non si risolve presto, è la sicurezza di un futuro troppo debole o un
non –futuro. Un pensiero va anche alla Dottrina Sociale della Chiesa: il Magistero
sociale è un grande punto di riferimento, esso rappresenta un orientamento frutto
di riflessione e di operativa virtuosa. E’ molto utile per non perdersi. Chi opera
nell’economia e nella finanza è sicuramente attratto dal profitto e se non sta attento,
si mette a servire il profitto stesso, così diventa schiavo del denaro. La Dottrina
Sociale contiene un patrimonio di riflessioni e di speranza che è in grado anche oggi
di orientare le persone e di conservarle libere. Occorre coraggio, un pensiero e la
forza della fede per stare dentro il mercato, per stare dentro il mercato, guidati
da una coscienza che mette al centro la dignità della persona, non l’idolo denaro. Nella
pratica, tutto ciò non è sempre immediatamente evidente, ma se ci aiutiamo a vicenda,
perseguire il bene comune diventa la scelta che trova riscontro anche nei risultati.
La Dottrina Sociale, quando viene vissuta, genera speranza. E’ così che ognuno può
trovare dentro di sé la forza per promuovere con il lavoro una nuova giustizia sociale.
Si potrebbe affermare che l’applicazione della Dottrina Sociale contiene in sé una
mistica. Ripeto la parola: una mistica. Sembra toglierti immediatamente qualcosa;
sembra che applicarla ti porti fuori dal mercato, dalle regole correnti. Guardando
ai risultati complessivi, questa mistica porta invece un grande guadagno, perché è
in grado di creare sviluppo proprio in quanto – nella sua visione complessiva – richiede
di farsi carico dei disoccupati, delle fragilità, delle ingiustizie sociali e non
sottostà alle distorsioni di una visione economicistica. La Dottrina Sociale non
sopporta che gli utili siano di chi produce e la questione sociale sia lasciata allo
Stato o alle azioni di assistenza e di volontariato. Ecco perché la solidarietà è
una parola chiave della Dottrina Sociale. Ma noi, in questo tempo, abbiamo il rischio
di toglierla dal dizionario, perché è una parola incomoda, ma anche – permettetemi
– è quasi una "parolaccia". Per l’economia e il mercato, solidarietà è quasi una parolaccia. E
anche un pensiero sulla cooperazione: ho incontrato alcuni rappresentanti del mondo
delle cooperative. Qui, in questo salotto, abbiamo avuto una riunione, mesi fa. Mi
ha molto consolato e penso sia una buona notizia per tutti sentire che, per rispondere
alla crisi, si è ridotto l’utile, ma si è mantenuto il livello occupazionale. Il lavoro
è troppo importante. Lavoro e dignità della persona camminano di pari passo. La solidarietà
va applicata anche per garantire il lavoro; la cooperazione rappresenta un elemento
importante per assicurare la pluralità di presenze tra i datori del mercato. Oggi
essa è oggetto di qualche incomprensione anche a livello europeo, ma ritengo che non
considerare attuale questa forma di presenza nel mondo produttivo costituisca un impoverimento
che lascia spazio alle omologazioni e non promuove le differenze e l’identità. Io
ricordo – ero ragazzo – avevo 18 anni: anno 1954, e ho sentito mio padre fare una
conferenza sul cooperativismo cristiano e da quel tempo io mi sono entusiasmato con
questo, ho visto che quella era la strada. E’ proprio la strada per una uguaglianza,
ma non omogeneità, una uguaglianza nelle differenze. Anche economicamente è lenta.
Io ricordo ancora quella riflessione del mio papà: va avanti lentamente, ma è sicura.
Quando io sento alcune altre teorie economiche (...) l’esperienza ci dice che quella
strada non va. Auguro a tutti coloro che sono impegnati e sono attori di riforme
cooperativistiche, di tener viva la memoria della loro origine. Le forme cooperative
costituite dai cattolici come traduzione della Rerum Novarum testimoniano la
forza della fede, che oggi come allora è in grado di ispirare azioni concrete per
rispondere ai bisogni della nostra gente. Oggi questo è di estrema attualità e
spinge la cooperazione a diventare un soggetto in grado di pensare alle nuove forme
di Welfare. Il mio auspicio è che possiate rivestire di novità la continuità.
E così imitiamo anche il Signore, che sempre ci fa andare avanti con sorprese, con
le novità. Vi accompagno con la mia benedizione, e voi non stancatevi di pregare per
me, perché davvero ne ho bisogno. Grazie.