2013-11-21 15:02:47

Legge di stabilità: proposto il ripristino dei fondi per i malati di Sla e non autosufficienti


Il Consiglio dei ministri ha deciso di presentare un emendamento alla legge di stabilità che riguarda il "ripristino completo delle somme legate alla non autosufficienza" e fra queste quelle per i malati di Sla. Lo ha annunciato il premier Enrico Letta, dicendo di comprendere le proteste, ma ricordando anche che era già previsto un "completamento del percorso". Si registra così un significativo passo in avanti nella trattativa tra le associazioni dei malati di Sla e il Governo, dopo i sit-in e le dure manifestazioni dei giorni scorsi. Marco Guerra ha raccolto il commento del dott. Mauro Pichezzi, presidente di Vivalavita, una delle associazioni di malati di sclerosi laterale amiotrofica che siedono al tavolo interministeriale sull’assistenza:RealAudioMP3

R. - In questo momento di gravissima crisi, soprattutto economica e sociale, i malati di Sla sono i più deboli, i più fragili e rappresentano altri che come loro sono deboli e fragili pur avendo altre patologie ed altre condizioni. In sostanza, sono i gravissimi disabili che in Italia sono migliaia e che hanno diritto ad essere aiutati, sostenuti, e insieme a loro, i loro nuclei familiari.

D. - Nei prossimi giorni si chiuderà la manovra finanziaria. La politica riuscirà ad offrire delle risposte concrete?

R. - Finora le risposte della politica, almeno negli ultimi anni, sono state risposte che hanno sempre più impoverito quella parte di risorse dello Stato che erano destinate al fondo sociale. Adesso speriamo che questa tendenza si inverta, si ricominci a considerare il sociale come il punto da cui ripartire proprio per la crescita e per il superamento della crisi in uno spirito di solidarietà.

D. - Avete alcune proposte concrete che state portando avanti? Si richiedono alcuni servizi specifici per questo tipo di malattia?

R. - Sì, quello che serve davvero per affrontare una gravissima disabilità è un sistema che funzioni: un sistema socio-sanitario. Quello sardo è un modello che in parte sta funzionando, soprattutto nella fase di “ritorno a casa”, cioè di quella domiciliazione di cui la persona ha tanto bisogno dopo aver attraversato una fase acuta della malattia per rientrare nella sua vita quotidiana, nella sua famiglia. Anche altre regioni hanno dei modelli che possono essere utilizzati. Il problema è che sono modelli sporadici, non organizzati a livello nazionale. Molte regioni hanno enormi difficoltà. Quindi in questi anni si è verificata una sperequazione: alcuni hanno dei buoni modelli assistenziali, altri non ne hanno affatto. Alla diagnosi, le persone con Sla di solito sono persone normali che in età adulta vengono colpite da una malattia degenerativa che toglie loro varie facoltà: la capacità di muoversi, la capacità di respirare, la capacità di deglutire e quindi di nutrirsi naturalmente, e infine anche la capacità di comunicare con gli altri. Tutto questo, rende questa patologia un po’ l’emblema della complessità. Per le patologie complesse il nostro sistema sanitario e il nostro sistema sociale non hanno un modello efficace da mettere in campo; per cui non c’è una presa in carico né del malato, né della sua famiglia in tutti i momenti della malattia. Questo è ciò di cui si ha bisogno: di un sistema capace in maniera organica e uniforme sul territorio nazionale di assistere, di farsi carico di queste persone, dei loro problemi non soltanto clinici, ma anche e soprattutto sociali.

D. - Quindi ancora una volta la famiglia ha un ruolo fondamentale nell’assistenza del malato …

R. - Abbiamo fatto uno studio come associazione “Vivalavita” per definire quanto effettivamente è il carico che le famiglie devono - purtroppo - sostenere in mancanza di modelli assistenziali. Si tratta di una cifra enorme che va dai duemila ai cinquemila euro di spesa al mese. Ma è anche uno sforzo enorme che si paga in termini di costi sociali: i cari, i congiunti che assistono la persona con Sla, devono rinunciare al proprio lavoro, alla propria vita. Il rischio si chiama esclusione, si chiama povertà. Qualcuno potrà dire: “Perché soltanto i malati di Sla?”. Noi siamo i primi a dire che siamo rappresentativi! Stiamo facendo una battaglia che cerca di rappresentare le difficoltà in cui tutto il mondo della disabilità si trova in questo momento, in particolare quello della gravissima disabilità. È anche una battaglia di disperazione da una parte, che però dall’altra spera che finalmente lo Stato si renda conto che esiste un fabbisogno che deve essere stimato. Poi, al quel fabbisogno bisogna dare una risposta, ovviamente, prima di tutto in termini di risorse economiche.







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