Filippine: si aggrava il bilancio delle vittime. Oltre 4 milioni i senzatetto
Il numero delle vittime del super-tifone Haiyan (Yolanda per i filippini) è salito
a 4011 morti e 18.557 feriti, resta stabile invece, per i dati del Consiglio nazionale
per la gestione e riduzione del rischio nei disastri, il numero dei dispersi: 1602.
Si conferma anche che la maggior parte dei decessi è stato registrato sull’isola di
Leyte, 3310, cifra che include 1060 vittime non identificate nella città di Palo,
694 in quella di Tacloban e 675 dalle municipalità di Tolosa e Dulag. Per la Commissione
- riferisce l'agenzia Misna - sono 9,9 milioni le persone interessate dal disastro
e di queste 4,4 milioni sono state costrette dal tifone a lasciare le proprie abitazioni
nelle aree colpite dove sono finora censite quasi 650.000 case distrutte o danneggiate.
Sono invece 13 milioni i filippini colpiti dalla catastrofe, di cui almeno quattro
milioni senzatetto, secondo l’Ufficio Onu per il Coordinamento degli Affari umanitari.
Ieri il presidente Benigno Aquino è rientrato a Manila dopo soli tre giorni di permanenza
nelle regioni devastate dal tifone, richiamato dalle altre necessità di questo Paese
che cerca di rafforzare, oltre che l’immagine democratica e le possibilità di sviluppo,
anche coerenza e onestà delle proprie istituzioni anche in funzione della credibilità
internazionale. Si iniziano anche a stimare i danni, a partire dal settore agricolo,
primario nella regione. Si stima che le perdite per proprietà rurali e coltivazioni
in aree a forte vocazione agricola ammontino all’equivalente di 200 milioni di euro.
Secondo il responsabile della pianificazione economica del governo filippino, Arsenio
Balisacan, il costo complessivo della ricostruzione potrebbe arrivare a 250 miliardi
di pesos, circa 4,25 miliardi di euro. Un impegno ingente ma che, se ben gestito,
potrebbe essere di stimolo a un successivo sviluppo del Paese. Al momento, però, le
prospettive restano difficili. Con un terzo delle aree risicole del Paese devastate,
la Fao ha chiesto immediato sostegno agli agricoltori prima che la stagione della
semina sia passata. Non sono state accertate finora le condizioni di tanti depositi
di riso e altri prodotti agricoli nelle aree colpite da Haiyan, ma vi è seria preoccupazione
tra gli esperti per le potenziali perdite. Se complessivamente la situazione delle
aree colpite sta migliorando, come confermato anche dalla responsabile Onu per i soccorsi
umanitari, Valerie Amos, emerge la preoccupazione per la tutela di quasi otto milioni
di donne e bambini interessati dalla catastrofe. La Amos ha chiamato a un’attenzione
particolare e a un impegno contro gli abusi per questi gruppi particolarmente vulnerabili
data la situazione.
Delle difficoltà nelle operazioni di soccorso, Giancarlo
La Vella ha parlato con Marco Rotelli, segretario generale di Intersos,
una delle prime organizzazioni a intervenire nelle Filippine:
R. - Effettivamente
il congestionamento dell’arrivo degli aiuti ha creato una serie di problemi ed è una
cosa che purtroppo accade. In queste ore si sta comunque snellendo la situazione.
I nostri team sono ormai da tempo a Tacloban e nelle aree più colpite. Abbiamo identificato
in particolare delle aree a Sud particolarmente devastate dal passaggio del ciclone.
Ad oggi il problema è portare aiuto non solo nei grandi centri urbani, ma anche nelle
aree più remote ancora non toccate dall’aiuto, dove ci sono milioni di persone sfollate
e in assoluto bisogno di immediato aiuto.
D. - Ci sono esigenze particolari
a cui far fronte o si tratta di un intervento simile a tante altre catastrofi naturali
in cui siete intervenuti?
R. - Molte di queste catastrofi si assomigliano.
C’è da dire che in questo caso dove è passato il tifone c’è una distruzione che non
ha uguali, è maggiore rispetto a tante aree colpite anni fa... Il livello di devastazione
è totale: parliamo di oltre un milione di case distrutte, quattro milioni e più di
persone che non hanno più casa o che si stanno spostando - si tratta di sfollati interni
- e quasi 13 milioni di persone che, in un modo o nell’altro, direttamente, fisicamente
o indirettamente, attraverso la famiglia, sono state colpite dalla distruzione. La
situazione sta mettendo a dura prova l'azione delle organizzazioni umanitarie, ma
stiamo cercando di portare aiuto laddove ha più impatto.
D. - Come si sta organizzando
la vita dei sopravvissuti?
R. - Attraverso un ottimo coordinamento e anche
grazie alle istituzioni italiane. In particolare, grazie al ministero degli Affari
Esteri, siamo riusciti immediatamente a riempire dei cargo aerei e arrivare con alcuni
materiali necessari nel dopo-disastro: tende e lunghi rotoli di teloni di plastica,
che servono per costruire ripari di emergenza, ma anche piccole attrezzature per ridurre
l’impatto di eventuali epidemie; pensiamo, ad esempio, alle latrine. Sono stati mandati
kit medici in particolare per le dissenterie e le diarree acute, che in questi casi
sono estremamente pericolose proprio per la proliferazione di agenti patogeni. Verranno
inviati nei cargo successivi, altri materiali di prima necessità per permettere alle
persone che ricevono un riparo di avere anche qualcosa per sopravvivere; mi riferisco
a stoviglie, kit igienici, ecc.
R. - Nonostante la tragedia, arrivano numerose
notizie sul fatto che la popolazione filippina sta reagendo comunque in maniera positiva
a questo disastro…
D. - Sì, lo confermiamo. Abbiamo visto che la rete della
società civile, governativa e in particolare della Chiesa. Abbiamo rapporti con alcune
realtà religiose dell’area: sono estremamente rapide e molto collaborative nel permettere
alle organizzazioni più “tecniche” di mettere in campo la propria competenza, strumenti
e beni inviati. La popolazione, nonostante sia stata colpita in maniera così pesante,
è molto reattiva. Questo è il terreno sul quale far partire in futuro la ricostruzione
del Paese.