Il direttore dell’Ilo: d'accordo col Papa nel tutelare il lavoro e contrastare il
traffico di persone
La dignità del lavoro, in particolare dei lavoratori più indifesi e la preoccupazione
per le vittime della tratta di esseri umani. Incentrato su questo comune sentire il
colloquio tra Papa Francesco e il direttore generale dell’Organizzazione internazionale
del lavoro (Ilo), Guy Ryder, ricevuto lunedì scorso in Vaticano. Tracey
McClure lo ha intervistato:
R. – Obviously,
we had a wonderful encounter with Pope Francis… L’incontro con il Papa è stato
un momento straordinario. Abbiamo affrontato molte delle questioni su cui la Chiesa
e l’Organizzazione internazionale del lavoro condividono la stessa preoccupazione.
Noi lavoriamo molto per la promozione di un lavoro dignitoso e Papa Francesco ha parlato
dell’importanza che la Chiesa e lui personalmente attribuiscono a questo aspetto e
alle sfide da affrontare nel mondo odierno. In particolare, il Papa ha espresso apprensione
per il traffico di esseri umani e la situazione degli immigrati che lavorano a Lampedusa.
Una frase che ha usato per Lampedusa penso sia risuonata molto, molto chiaramente
nella mia organizzazione: ha parlato del pericolo della globalizzazione dell’indifferenza,
che è qualcosa che dobbiamo fermare. Guardiamo a questo fenomeno: in qualche modo
è ritenuto inevitabile o normale nel nostro mondo. Questa è una reazione che dobbiamo
assolutamente rifiutare e contro la quale dobbiamo reagire. Insieme al Papa abbiamo
infine condiviso la preoccupazione circa l’andamento attuale dell’economia mondiale,
che non sempre è a favore dei più deboli. Questa tendenza deve essere corretta.
D. – Ma quali sono i dati sul lavoro minorile e sul lavoro forzato
R. –
Figures are going down for child labour... Le cifre si sono abbassate per il lavoro
minorile a 168 milioni e per il lavoro forzato a poco più di 20 milioni nel mondo.
Quello che penso è che stiamo assistendo ad un mutamento di un fenomeno molto complesso.
In diverse parti del mondo si trovano differenti situazioni. Abbiamo forme tradizionali
di lavoro per debito, dove le persone nascono in schiavitù, e che troviamo per esempio
in una parte dell’Asia del Sud. Altre forme di schiavitù per debito, dove le persone
contraggono appunto un debito, pagano per avere un lavoro, e restano bloccate in quel
lavoro per cercare di estinguere quel debito. Questo è un altro problema che troviamo
in tutti i continenti. E stiamo assistendo – e questo è un aspetto di cui ho discusso
con Sua Santità, per cui alla fine ha espresso una preoccupazione profonda – a una
crescita del traffico di esseri umani. Ovvero, lo spostamento di persone attraverso
le frontiere o all’interno dei Paesi sia per sfruttamento a scopo lavorativo, sia
per sfruttamento sessuale.