Centrafrica: gli accordi di pace non reggono, la crisi peggiora
Nuovi scontri e morti nella Repubblica Centrafricana, a una settimana dalla firma
a Bangui del cosiddetto “Patto Repubblicano”. Il documento avrebbe dovuto sancire
la fine della guerra civile e l’inizio del processo di pacificazione, in un Paese
afflitto da una grave crisi umanitaria. Antonella Pilia ha raccolto la testimonianza
di padre Aurelio Gàzzera, missionario carmelitano, parroco di Bozoum e direttore
della Caritas diocesana, in Centrafrica da oltre vent’anni:
R. - Attualmente,
la situazione sta peggiorando. Adesso, mi trovo nella capitale e ancora ci sono degli
scontri, degli spari e i ribelli passano di casa in casa per saccheggiare. Anche nelle
province, a Bozoum uno dei miei collaboratori della Caritas è stato minacciato. I
ribelli sono entrati in casa: hanno schiaffeggiato la moglie e lui ha preferito venire
via da Bozoum. Qui la situazione è piuttosto tesa e probabilmente andrà peggiorando.
D.
- Quindi questo patto non sta producendo gli effetti sperati dal governo del Centrafrica
e dalla comunità internazionale …
R. - Il governo centrafricano, soprattutto
adesso, è pronto a firmare qualsiasi cosa, e non si impegna più di tanto. La Comunità
internazionale sta spingendo, però non ci sono cambiamenti notevoli a nessun livello.
D.
- Qual è la situazione umanitaria nel Paese?
R. - Ci sono molti rifugiati interni.
La stagione agricola è iniziata in ritardo, quindi certi prodotti, soprattutto le
arachidi, attualmente sono difficilmente reperibili. Inoltre molte persone hanno lasciato
i loro villaggi nei mesi della stagione delle piogge, quindi hanno perso tutto il
raccolto.
D. - In questo contesto, qual è il ruolo della Chiesa?
R.
- C’è molto lavoro, sia da parte dell’arcivescovo che degli altri leader religiosi.
Sono andato in una cittadina a 90 km da Bozoum, dove abbiamo fatto un incontro proprio
con i leader delle altre confessioni religiose per limitare queste tensioni che stanno
aumentando tra le comunità religiose. A livello più concreto, per esempio, a Bozoum
siamo riusciti a far aprire le scuole statali; dopo un mese di scuola sono quasi diecimila
i bambini che frequentano le scuole elementari.
D. – C’è qualcos’altro che
vuole aggiungere per descrivere il clima che si sta vivendo ora in Centrafrica?
R.
- La situazione, nonostante sia già brutta, si degrada sempre di più. Mi trovo a Bangui
e anche qui le persone delle ambasciate sono molto preoccupate per la piega che la
situazione sta prendendo, si teme che ci siano ancora dei peggioramenti. Però speriamo.