2013-11-13 12:38:11

Congo. Nord Kivu: si allontana l'accordo con M23. Soldati rwandesi a 3 km da Goma


Anche se la mediazione ugandese ha assicurato che le trattative “non sono state ufficialmente interrotte” tra il governo congolese e i ribelli del Movimento del 23 marzo (M23), nei fatti la firma di un accordo sembra allontanarsi. A poche ore dalla mancata firma, prevista inizialmente per lunedì scorso in Uganda, guadagnano sempre più spazio sospetti e critiche tra le parti. Il ministro degli Esteri congolese, Raymond Tshibanda - riferisce l'agenzia Misna - è già tornato a Kinshasa e nelle prossime ore dovrebbe rientrare anche il resto della delegazione governativa. Sono dure le dichiarazioni rilasciate finora da fonti dell’esecutivo congolese. “Ci sembra che l’Uganda stia agendo come parte del conflitto. Ha interessi diretti nell’M23” ha detto il portavoce del governo, Lambert Mende; parole che rispecchiano il clima di sfiducia che vige al livello regionale. Per François Muamba, coordinatore congolese dell’attuazione dell’accordo di Addis Abeba – siglato lo scorso febbraio da 11 Paesi africani per riportare la pace in Nord Kivu – “la mediazione ugandese doveva semplicemente fare la parte del medico legale per costatare la morte dell’M23 e la fine della guerra, non grazie alla firma di un accordo ma perché il movimento è stato sconfitto, cacciato e deve scomparire”. E’ con questa motivazione che Kinshasa ha ribadito che non può trattarsi di un “accordo” ma di una “dichiarazione d’intenti”, aggiungendo che “il documento non può dare una lettura sbagliata o di parte di quanto è accaduto sul terreno, sarebbe un rischio per il futuro” si legge sul sito dell’emittente Radio Okapi. Intanto gli inviati speciali dell’Onu, dell’Unione Africana, dell’Unione Europea e di Washington, che si trovavano ad Entebbe per assistere alla cerimonia di firma dell’accordo, hanno invitato le parti a “risolvere le divergenze sul fondo e la forma dell’accordo”, ribadendo il loro attaccamento a “una soluzione pacifica e politica del conflitto”. Per ora non ci sono state reazioni ufficiali da parte del capo politico dell’M23 Bertrand Bisimwa, né dal capo militare Sultani Makenga, che si trovano entrambi in territorio ugandese. Dal Nord Kivu è invece giunta la conferma della presenza di un centinaio di militari ruandesi nella zona di Murambi, a pochi chilometri dall’aeroporto di Goma, il capoluogo provinciale, a di “importanti concentrazioni di armi ed equipaggiamenti”. Secondo alcuni osservatori e giornalisti la fine dell’M23 significa “la fine di una battaglia piuttosto che la fine della guerra”. Inoltre si temono vendette incrociate e regolamenti di conti tra le varie comunità locali dopo l’arresto di diversi civili accusati di “complicità con l’M23″ nelle località riconquistate dall’esercito congolese all’inizio del mese, in particolare a Kiwanja, Bunagana e Rutshuru. Sulla mancat a firma dell'accordo a Kampala, Cecilia Sabelli ha intervistato Jean-Leonard Touadi, politico e accademico italiano, originario del Congo Brazzaville:RealAudioMP3

R. - Intanto, che si sia arrivati in pochissimo tempo a mettere intorno a un tavolo un po’ tutti gli attori di questo conflitto, è un grande successo. La sconfitta dei ribelli è di soli pochi giorni e già siamo intorno a un tavolo per negoziare. Ovviamente, un conflitto che dura da così tanto tempo non può terminare con un accordo frettoloso, cominciando già da come chiamarlo: “accordo” oppure “conclusione”? Perché è chiaro che per il governo congolese “accordo” vuol dire dare una riconoscibilità, un titolo ufficiale e quindi anche una credibilità politica al movimento. La “conclusione”, invece, è tra ribellione e governo. Sostanzialmente, un accordo si conclude tra due pari e per il governo congolese dare questa parità, questa riconoscibilità di interlocuzione politica all’M23 nel momento in cui è più debole militarmente e quindi con la possibilità che possa uscire di scena, rappresenterebbe una specie di aiuto che viene dato a questo movimento.

D. - Ma esiste una volontà comune e una speranza che questi colloqui si concludano con la firma di una pace?

R. – La guerra alla fine ha colpito le 4-5 milioni di persone che sono morte, gli sfollati e le migliaia di donne stuprate, ma ha danneggiato anche lo sviluppo regionale di Paesi come Uganda, Rwanda, che aspirano velocemente a una crescita economica. Quindi la pace - e questa è la consapevolezza tardiva - alla fine conviene, conviene a tutti. Conviene al Congo, ma conviene anche ai vicini del Congo. Dopodiché, le “scorie” di questa durissima e tragica guerra saranno molto lunghe da cancellare. Ma questa consapevolezza penso che ormai cominci a emergere e questo promette bene, nel senso che tradurre i motivi del contenzioso nella regione in motivi di cooperazione non può che giovare.

D. - Si può sperare che questo accordo scoraggi nuove azioni dei gruppi ribelli, che continuano a minacciare la stabilità della regione?

R. - Tutto dipende dalla solidità dell’accordo regionale e soprattutto dal fatto che nessuno dei Paesi della regione possa avere interesse ad aizzare una ribellione: se la consapevolezza che io intravedo della pace, che è conveniente rispetto alla guerra, dovesse crescere e rafforzarsi, i piccoli movimenti finiranno per essere, anche lì, assorbiti in questo accordo regionale solido.







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