Sono oltre 11 milioni i brasiliani che vivono nelle baraccopoli, meglio conosciute
come ‘favelas’, secondo l’ultimo studio dell’Istituto di geografia e statistica (Ibge)
“Agglomerati subnormali-Informazioni territoriali” basato su un’inchiesta condotta
a livello nazionale. Per standardizzare la ricerca sono state considerate ‘favelas’
“tutti i nuclei urbani occupati irregolarmente da un certo numero di abitazioni, caratterizzati,
in diversi gradi, dall’offerta limitata di servizi basici essenziali e dall’irregolarità
della registrazione”. Più in dettaglio, si tratta di agglomerati “di minimo 51 unità
abitative…disposte in generale in modo disordinato e denso” connotate da “occupazioni
illegali della terra, urbanizzazione fuori dai canoni, precarietà”. San Paolo e Rio
de Janeiro, nel ricco sud, sono le metropoli che concentrano il più alto numero di
‘favelas’. La capitale Brasilia - riferisce l'agenzia Misna - è fra le città in cui
se ne contano meno. Le baraccopoli sorgono dunque principalmente nelle regioni metropolitane
e nelle regioni integrate di sviluppo: “Un agglomerato subnormale non compare in un
luogo non favorevole per quella popolazione. Ci sono processi interni che richiedono
manodopera o un accesso più rapido al lavoro o a costo minore e portano questa popolazione
ad adottare strategie per occupare spazi” ha spiegato il tecnico dell’Ibge Maurício
Gonçalves. Lo studio rivela, tra l’altro, che nel 2012 per il 77% le ‘favelas’ sorgono
in zone metropolitane con più di due milioni di abitanti. D’altro lato, il documento
smonta l’immagine tipica della ‘favela’ brasiliana arroccata su un’altura, come in
larga parte quelle di Rio, dette anche ‘morros’ (colline); oltre il 50% sorgono infatti
in pianura e appena il 20% in luoghi di difficile accesso. (R.P.)