Mons. Follo all'Unesco: dare più spazio ai giovani per una nuova cultura della pace
e dello sviluppo
L’educazione alla condivisione, la valorizzazione del contributo dei giovani, la promozione
del dialogo - soprattutto quello interculturale - e l’importanza della trascendenza
e delle tradizioni religiose nella ricerca del bene comune di tutta l’umanità. Sono
i temi toccati a Parigi da mons. Francesco Follo, capo della delegazione della Santa
Sede al dibattito di politica generale della 37.ma sessione della Conferenza generale
dell’Unesco. Il servizio di Tiziana Campisi:
Mons. Follo
ha anzitutto sottolineato che “educazione alla condivisione, significa arricchirsi
e facilitare quindi uno sviluppo sostenibile” ricordando anche a tal proposito quanto
detto da Papa Francesco lo scorso agosto: “E’ solamente quando siamo capaci di condividere
che ci arricchiamo veramente”. “La trasmissione e la condivisione sono gli obiettivi
cardine in materia di educazione al fine di formare i cittadini del mondo di domani”
ha aggiunto mons. Follo, che si è poi soffermato sulla necessità di dar spazio ai
giovani, di ascoltarli e renderli capaci di far fruttare l’eredità della generazioni
di oggi in “una nuova cultura di pace e di vero sviluppo”. E se i giovani sono la
speranza del domani, non bisogna dimenticare, nella costruzione del futuro, quanto
gli anziani trasmettono con la loro esperienza e saggezza. Circa ciò che può rendere
la società contemporanea una comunità di uomini tutti uguali, con la possibilità per
ciascuno di condividere il proprio essere, il presule ha affermato che per la Santa
Sede vanno curati dialogo interculturale e riconciliazione delle culture. Con l’obiettivo
di eliminare la povertà, favorire lo sviluppo sostenibile, edificare la pace. Infine
mons. Follo ha precisato che “educazione, vita della città, pace … non possono portare
dei frutti” se non ci si preoccupa della dimensione spirituale dell’uomo. “Tutto ciò
che tocca le nostre esistenze s’inscrive dentro il movimento più profondo e più ampio
di una vita in cerca di senso e in tensione verso il proprio sviluppo e il proprio
compimento” ha detto mons. Follo della Santa Sede, rimarcando che “lo spirituale …
ha la sua dimensione sociale”. Per questo occorre “tenere conto anche del ruolo pubblico
che il cristianesimo (ma anche tutte le religioni) può giocare per la promozione dell’essere
umano e per il bene comune di tutta l’umanità, nel pieno rispetto e promozione della
libertà religiosa e civile di tutti e di ciascuno, senza confondere in alcun modo
la Chiesa Cattolica, come tutte le religioni, e le comunità politiche”. E su quanto
l’Unesco può fare per il bene comune, l’auspicio di mons. Follo è che i suoi membri
si interroghino “in maniera feconda sulle condizioni di costruzione dello spazio democratico,
sul ruolo positivo delle tradizioni religiose a questa costruzione, e sul contributo
specifico di queste tradizioni per tessere il progetto umano e politico del vivere-insieme
in democrazia”.