2013-11-08 12:55:33

Speranze di Pace in Centrafrica dopo gli accordi raggiunti grazie alla Comunità di Sant'Egidio


Dopo la firma a Bangui del cosiddetto “Patto Repubblicano”, il Centrafrica torna a sperare nella fine della guerra civile. L’intesa, stilata a Roma nella sede della Comunità di Sant’Egidio durante i colloqui di pace dello scorso settembre, coinvolge tutte le forze vive del Paese. Ribadisce, tra l’altro, la necessità di dare sicurezza ai cittadini attraverso il disarmo delle milizie ed il ritorno alla normale attività dello Stato; la necessità di garantire il ritorno dei rifugiati interni ed esterni alle loro case e di aiutare il loro reinserimento. Ma qual è stato il ruolo della Comunità di Sant’Egidio? Hélène Destombes lo ha chiesto a don Angelo Romano, membro dell’Ufficio relazioni internazionali della Comunità:RealAudioMP3

R. – Quello che noi abbiamo cercato di fare è stato di creare un vero spirito di unità nazionale attorno al quale pensare il futuro del Paese e impedire la disgregazione dello Stato: questo è il pericolo che sta vivendo il Centrafrica, quello di una totale disgregazione delle strutture statali, e questo sarebbe veramente una tragedia. Noi abbiamo creato, attraverso questo “Patto Repubblicano” preparato a San’Egidio il 6 e il 7 settembre scorso, un clima e misure concrete, efficaci affinché si possa vivere una vera e profonda ed efficace collaborazione tra i partiti.

D. – Avete sentito una volontà reale da tutte e due le parti, di lavorare a favore della pace e della riconciliazione?

R. – Noi abbiamo sentito, da parte di tutti i rappresentanti del mondo politico, della società civile, delle religioni che sono venuti a Sant’Egidio a settembre – e bisogna ricordare che questa crisi è anche un suo elemento importante di convivenza religiosa, perché è salita molto la tensione tra la comunità cristiana, che è quella maggioritaria nel Paese, e quella musulmana – una grande gratitudine nei nostri confronti perché si sentivano un po’ dimenticati. Sentivano che la crisi nel loro Paese veramente non sembrava interessare nessuno, e questo ha mostrato che c’era un desiderio, nel fondo: il desiderio di trovare una soluzione. Questa, alla fine, l’abbiamo trovata o almeno abbiamo iniziato a trovarla. Il “Patto Repubblicano” è un primo passo che vuole costruire una vera e profonda collaborazione tra le parti.

D. – Molti osservatori sono piuttosto pessimisti e affermano che i centrafricani e la forza dell’Unione Africana non hanno i mezzi per far sì che la sicurezza torni nel Paese. C’è bisogno comunque dell’aiuto della comunità internazionale?

R. – Certamente c’è bisogno dell’aiuto della comunità internazionale. E’ chiaro che il Paese non può risollevarsi da solo; ma c’è bisogno anche del contributo dei centrafricani stessi. Noi abbiamo sempre puntato sul fatto che ogni soluzione, ogni proposta della comunità internazionale debba sempre incontrare la volontà, la collaborazione, anche l’immaginazione dei protagonisti del mondo politico centrafricano. E questo credo che sia l’elemento che fa la differenza. Io ho percepito, da parte della gente, da parte delle persone con cui abbiamo parlato, una grande gioia alla notizia di questo “Patto Repubblicano” che, in fondo, è una buona notizia dopo tante cattive notizie. E penso che, da questo punto di vista, ci sia una risposta ai pessimisti: il problema è che chi è pessimista sembra sempre più razionale degli altri; in realtà, non è così. C’è bisogno di dare buone notizie alla popolazione centrafricana, concrete, che possano garantire il fatto che sia possibile pensare un futuro effettivamente diverso per questo Paese che ha troppo sofferto. Credo che questo “Patto Repubblicano” dia alcuni strumenti che possono aiutare il Paese ad uscire da questa crisi.







All the contents on this site are copyrighted ©.