Kirghizistan, Tagikistan, Kazakistan: rimpatriare chi combatte in Siria
Rimpatriare i connazionali che combattono in Siria al fianco degli insorti e bloccare
il flusso di guerriglieri islamisti e jihadisti che continua a prendere parte al conflitto
civile in atto. E’ quanto le autorità civili e militari di Kirghizistan, Tagikistan
e Kazakistan, stanno studiando di realizzare dopo la crescente preoccupazione espressa
per la presenza nella zona di conflitto siriana di connazionali membri di gruppi jihadisti
e terroristi, banditi negli stati dell’Asia centrale. Secondo quanto riferisce l’agenzia
di notizie Fides, anche le autorità religiose dei tre principali Paesi dell’Asia centrale
si sono attivate per lo stesso fine, studiando misure urgenti per bloccare il flusso
e agendo anche sul piano religioso. “E’ illegittimo che dei musulmani siano coinvolti
in una guerra contro altri musulmani”, hanno ad esempio affermato alcuni leader religiosi
islamici del Kazakistan. Secondo i dati raccolti dalle autorità del Kirghizistan,
sono oltre 100 i giovani della regione impiegati nella guerra in Siria, dove giungono
attraverso la Turchia. Gli estremisti adescano giovani impoveriti offrendo loro assistenza
materiale, inducendoli a frequentare campi di addestramento militari, indottrinandoli
e poi inviandoli al fronte. Ancor più allarmante è poi la denuncia del Tagikistan,
dove si stima che siano almeno 190 i giovani tagiki che al momento combattono in Siria.
Per cercare di riportarli a casa, dove li attende un percorso di riabilitazione, le
autorità hanno coinvolto parenti, attivisti, agenzie di sicurezza e leader religiosi.
Anche in Kazakistan i dirigenti statali hanno preso atto della presenza di connazionali
in Siria, presumibilmente oltre 150 e hanno chiesto aiuto alle moschee e alle organizzazioni
non governative, per comunicare con la popolazione e scoraggiare la pratica di andare
a combattere la “jihad” in Siria. Il Comitato per sicurezza nazionale kazako (Knb)
ha inoltre rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui riporta il lavoro alacre
per riportare i kazaki in patria. (C.S.)