Giornata tutela ambiente nei conflitti armati. L’Onu: salvaguardia risorse è via di
pace
Rafforzare la salvaguardia ambientale durante i conflitti e ripristinare, nella fase
post bellica, un’adeguata gestione delle risorse naturali. Sono le priorità indicate
dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel messaggio in occasione
della Giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente
nei conflitti armati, celebrata ieri. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Gli effetti
di una guerra sono solitamente misurati dalla storia ricordando il numero di morti,
di feriti e i danni inferti alle città. Ma ci sono anche altri ingenti costi, legati
alle conseguenze ambientali provocate dai conflitti armati, che in genere non vengono
indicati. Pozzi d’acqua inquinati, colture incendiate, foreste abbattute, terreni
avvelenati, animali uccisi per ottenere vantaggi militari sono solo alcune delle profonde
ferite inferte all’ambiente, una delle vittime spesso dimenticate della guerra. Il
Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite stima, in particolare, che nel corso
degli ultimi 60 anni, almeno il 40% di tutti i conflitti interni sono stati collegati
allo sfruttamento delle risorse naturali per finanziare gruppi armati. Nei periodi
di guerra, la protezione ambientale non solo diventa secondaria rispetto ai piani
militari ma gli ecosistemi diventano addirittura dei bersagli da colpire o da compromettere.
Maurizio Simoncelli dell’Archivio Disarmo:
“Nel momento in cui la
guerra è in corso, questo non viene assolutamente considerato. Si pensa solamente
a distruggere il nemico, a distruggergli la possibilità di utilizzare il territorio,
di rendergli impossibile varcare determinati valichi o altro. È solamente dopo, quando
‘scoppia’ la pace che la popolazione civile si trova a dover affrontare una catastrofe
di tipo ambientale, di tipo economico, ma anche problemi di tipo genetico con l’inquinamento
del territorio, con la radioattività diffusa e quant’altro”.
Nella storia
recente, l’ambiente ha subito ingenti danni a causa della guerra. In Cambogia, il
35% della copertura forestale è stata distrutta in venti anni di scontri armati. Durante
la Guerra del Golfo del 1991, sono stati deliberatamente incendiati e milioni di litri
di petrolio si sono riversati in mare. In Angola, la guerra civile, iniziata nel 1975,
ha provocato la scomparsa del 90% della fauna selvatica. Durante la guerra del Vietnam,
milioni di tonnellate del famigerato "agente arancio" sono state sparse dalle forze
statunitensi in varie zone del Paese. Queste aree, ancora oggi, non possono essere
coltivate. La salvaguardia ambientale, come nel caso della Repubblica Democratica
del Congo, è anche minata da sempre più consistenti flussi di profughi, che fuggendo
in massa da zone di conflitto, provocano un sovrasfruttamento di risorse naturali
e di falde acquifere. Gli effetti, spesso, sono a lungo termine. Emergenze ambientali
legate alla guerra e ai conflitti armati si riscontrano ancora oggi nei Balcani, in
Iraq, in Liberia e nei Territori Palestinesi. Sugli effetti dei conflitti armati per
l’ambiente, ancora Maurizio Simoncelli:
“I costi sono pesantissimi, basti
pensare – per fare un esempio notissimo – ai bombardamenti sulle due città giapponesi
e l’effetto del fallout radioattivo, con tutto quello che comporta.
Poi, ci sono i costi della guerra chimica: armi chimiche che hanno distrutto veri
e propri ecosistemi. Poi, anche la cosiddetta guerra ‘convenzionale’ ha effetti terribili.
Basti pensare solamente ai residui inesplosi che rimangono sul terreno: proiettili,
razzi, bombe lanciate dagli aerei che hanno effetti terrificanti perché rendono i
terreni impraticabili, incoltivabili, ingestibili. Ad esempio in Afghanistan, terra
martoriata da una guerra ancora in corso, sono tuttora attive sul terreno mine lasciate
dall’invasione sovietica di alcuni decenni fa. Anche in Italia, si trovano ancora
bombe lanciate dagli aerei durante la Seconda guerra mondiale. Quindi, parliamo di
vicende di 70 anni fa”.
Anche oggi i conflitti armati sono la cornice di
una diffusa devastazione ambientale. Foreste, fauna selvatica, sorgenti d'acqua e
terreni agricoli – scrive nel Messaggio per questa Giornata il segretario generale
dell’Onu Ban Ki-moon – continuano a essere sfruttati e degradati durante i conflitti
armati minacciando, a lungo termine, la pace e la sicurezza. In Africa centrale e
orientale, il traffico illegale di vari prodotti, tra cui minerali e legname, finanzia
attività illecite di gruppi armati e reti criminali. In Somalia, ad esempio, si stima
che il commercio illegale di carbone porti a un fatturato annuo, per gruppi ribelli
e terroristici, di oltre 384 milioni di dollari. Lo smaltimento delle armi, ricorda
Ban Ki-moon, è un’altra delle sfide dell’Organismo Onu per la Proibizione delle Armi
Chimiche. In Siria, ad esempio, la distruzione di armi chimiche deve prevedere anche
rigorose misure di salvaguardia ambientale. La contaminazione ambientale comprende
anche mine e ordigni inesplosi, che costituiscono un’ulteriore minaccia, soprattutto
per donne e bambini. Il rafforzamento della governance delle risorse naturali
nei Paesi colpiti da conflitti – conclude Ban Ki-moon – può portare a una pace duratura.
Al contrario, una gestione inefficace e una carente protezione di queste risorse prolungano
le situazioni di conflitto e rendono ancora più vulnerabili le popolazioni, soprattutto
i poveri. La protezione ambientale – ricorda infine l’Onu – è una straordinaria forma
di prevenzione dei conflitti, in grado di garantire il mantenimento della pace, di
assicurare adeguati mezzi di sussistenza alle popolazioni e di preservare gli ecosistemi
per le generazioni future.