2013-11-06 15:04:40

Giornata tutela ambiente nei conflitti armati. L’Onu: salvaguardia risorse è via di pace


Rafforzare la salvaguardia ambientale durante i conflitti e ripristinare, nella fase post bellica, un’adeguata gestione delle risorse naturali. Sono le priorità indicate dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel messaggio in occasione della Giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente nei conflitti armati, celebrata ieri. Il servizio di Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3

Gli effetti di una guerra sono solitamente misurati dalla storia ricordando il numero di morti, di feriti e i danni inferti alle città. Ma ci sono anche altri ingenti costi, legati alle conseguenze ambientali provocate dai conflitti armati, che in genere non vengono indicati. Pozzi d’acqua inquinati, colture incendiate, foreste abbattute, terreni avvelenati, animali uccisi per ottenere vantaggi militari sono solo alcune delle profonde ferite inferte all’ambiente, una delle vittime spesso dimenticate della guerra. Il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite stima, in particolare, che nel corso degli ultimi 60 anni, almeno il 40% di tutti i conflitti interni sono stati collegati allo sfruttamento delle risorse naturali per finanziare gruppi armati. Nei periodi di guerra, la protezione ambientale non solo diventa secondaria rispetto ai piani militari ma gli ecosistemi diventano addirittura dei bersagli da colpire o da compromettere. Maurizio Simoncelli dell’Archivio Disarmo:

“Nel momento in cui la guerra è in corso, questo non viene assolutamente considerato. Si pensa solamente a distruggere il nemico, a distruggergli la possibilità di utilizzare il territorio, di rendergli impossibile varcare determinati valichi o altro. È solamente dopo, quando ‘scoppia’ la pace che la popolazione civile si trova a dover affrontare una catastrofe di tipo ambientale, di tipo economico, ma anche problemi di tipo genetico con l’inquinamento del territorio, con la radioattività diffusa e quant’altro”.

Nella storia recente, l’ambiente ha subito ingenti danni a causa della guerra. In Cambogia, il 35% della copertura forestale è stata distrutta in venti anni di scontri armati. Durante la Guerra del Golfo del 1991, sono stati deliberatamente incendiati e milioni di litri di petrolio si sono riversati in mare. In Angola, la guerra civile, iniziata nel 1975, ha provocato la scomparsa del 90% della fauna selvatica. Durante la guerra del Vietnam, milioni di tonnellate del famigerato "agente arancio" sono state sparse dalle forze statunitensi in varie zone del Paese. Queste aree, ancora oggi, non possono essere coltivate. La salvaguardia ambientale, come nel caso della Repubblica Democratica del Congo, è anche minata da sempre più consistenti flussi di profughi, che fuggendo in massa da zone di conflitto, provocano un sovrasfruttamento di risorse naturali e di falde acquifere. Gli effetti, spesso, sono a lungo termine. Emergenze ambientali legate alla guerra e ai conflitti armati si riscontrano ancora oggi nei Balcani, in Iraq, in Liberia e nei Territori Palestinesi. Sugli effetti dei conflitti armati per l’ambiente, ancora Maurizio Simoncelli:

“I costi sono pesantissimi, basti pensare – per fare un esempio notissimo – ai bombardamenti sulle due città giapponesi e l’effetto del fallout radioattivo, con tutto quello che comporta. Poi, ci sono i costi della guerra chimica: armi chimiche che hanno distrutto veri e propri ecosistemi. Poi, anche la cosiddetta guerra ‘convenzionale’ ha effetti terribili. Basti pensare solamente ai residui inesplosi che rimangono sul terreno: proiettili, razzi, bombe lanciate dagli aerei che hanno effetti terrificanti perché rendono i terreni impraticabili, incoltivabili, ingestibili. Ad esempio in Afghanistan, terra martoriata da una guerra ancora in corso, sono tuttora attive sul terreno mine lasciate dall’invasione sovietica di alcuni decenni fa. Anche in Italia, si trovano ancora bombe lanciate dagli aerei durante la Seconda guerra mondiale. Quindi, parliamo di vicende di 70 anni fa”.

Anche oggi i conflitti armati sono la cornice di una diffusa devastazione ambientale. Foreste, fauna selvatica, sorgenti d'acqua e terreni agricoli – scrive nel Messaggio per questa Giornata il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon – continuano a essere sfruttati e degradati durante i conflitti armati minacciando, a lungo termine, la pace e la sicurezza. In Africa centrale e orientale, il traffico illegale di vari prodotti, tra cui minerali e legname, finanzia attività illecite di gruppi armati e reti criminali. In Somalia, ad esempio, si stima che il commercio illegale di carbone porti a un fatturato annuo, per gruppi ribelli e terroristici, di oltre 384 milioni di dollari. Lo smaltimento delle armi, ricorda Ban Ki-moon, è un’altra delle sfide dell’Organismo Onu per la Proibizione delle Armi Chimiche. In Siria, ad esempio, la distruzione di armi chimiche deve prevedere anche rigorose misure di salvaguardia ambientale. La contaminazione ambientale comprende anche mine e ordigni inesplosi, che costituiscono un’ulteriore minaccia, soprattutto per donne e bambini. Il rafforzamento della governance delle risorse naturali nei Paesi colpiti da conflitti – conclude Ban Ki-moon – può portare a una pace duratura. Al contrario, una gestione inefficace e una carente protezione di queste risorse prolungano le situazioni di conflitto e rendono ancora più vulnerabili le popolazioni, soprattutto i poveri. La protezione ambientale – ricorda infine l’Onu – è una straordinaria forma di prevenzione dei conflitti, in grado di garantire il mantenimento della pace, di assicurare adeguati mezzi di sussistenza alle popolazioni e di preservare gli ecosistemi per le generazioni future.

Ultimo aggiornamento: 7 novembre







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