Pakistan: accusata di blasfemia, libera con l'aiuto di cristiani e musulmani
Una donna cristiana, accusata a torto di blasfemia da due studenti musulmani che affermavano
di averla vista bruciare il Corano, si è salvata dalla pena di morte prevista per
questo reato grazie alla collaborazione tra leader musulmani e attivisti cristiani.
E’ successo in Pakistan, nella città di Faisalabad, dove la 50enne cristiana vittima
delle false accuse si era appena trasferita prima di essere costretta a fuggire nel
luogo segreto dove è tuttora nascosta con la sua famiglia, nel timori di ritorsioni.
Secondo quanto riferisce l’agenzia di notizie AsiaNews, fondamentali per la risoluzione
pacifica del caso sono stati l’intervento di un attivista cristiano e la collaborazione
di un leader religioso musulmano, che insieme hanno dimostrato che le pagine bruciate,
“non erano del Sacro Corano, ma di un libro di scuola in lingua araba”, finito nella
spazzatura durante le pulizie della donna nella nuova casa. Dopo aver raccolto le
prove della sua innocenza, l’attivista cristiano di Human Rights Defender Network
ha avvicinato il leader islamico, appartenente al Comitato di pace della città, il
quale ha offerto la propria collaborazione per analizzare i fatti e scagionare, davanti
all'intera città, la famiglia cristiana dalle accuse. L’esperto islamico ha inoltre
invitato i musulmani a "valutare bene i fatti", prima di lanciare pesanti accuse perché
finiscono solo per "fomentare odio e divisioni". La vicenda presenta molte analogie
con il caso, raccontato sempre da Asianews, di Philip Masih e della sua famiglia,
incriminati senza motivo e scampati al processo grazie al contributo fondamentale
di capi islamici e delle forze di polizia. Anche in quest’occasione la risoluzione
pacifica della vicenda aveva impedito un'escalation della tensione, che spesso in
passato, partendo da una vicenda di blasfemia, si era trasformata in attacchi contro
intere comunità. (C.S.)