Elezioni in Kosovo, incertezza sulla partecipazione della comunità serba
In Kosovo, domani elezioni municipali, appuntamento importante per le relazioni tra
la maggioranza albanese e la minoranza serba. Per la prima volta il voto si terrà
anche nel nord, abitato prevalentemente dalla comunità serba, con l’elezione di municipalità
autonome. Dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e anche da Belgrado sono arrivati
appelli ad andare alle urne, ma c’è incertezza sull’affluenza. Da Pristina, Giuseppe
Nigro:
Si vota dunque
questa domenica in Kosovo per le elezioni municipali. Nell’intervista di Davide
Maggiore ascoltiamo il commento di Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia
Cristiana:
R. – Bisognerà
vedere quanto conterà il richiamo del rancore, degli odii sedimentati in tanti anni
di guerre e di contrasti o quanto conterà invece il richiamo della ragione che è quello
che dovrebbe, negli auspici di molti, prevalere dopo gli accordi di aprile che hanno
avviato un minimo di distensione tra la Serbia e il Kosovo. Secondo molti osservatori
e analisti, se almeno il 15 per cento dei serbi che vivono in Kosovo andrà a votare,
sarà un buon risultato, una conferma della bontà della linea scelta da Belgrado che
con la distensione con il Kosovo vuole guadagnarsi il passaporto per l’ingresso nell’Unione
Europea.
D. – Nelle ultime settimane, da Belgrado sono arrivati inviti ai serbi
del Kosovo ad andare a votare, proprio nell’ottica di un avvicinamento di Belgrado
all’Unione Europea …
R. – Indubbiamente, Belgrado ha bisogno dell’Unione Europea,
ha bisogno di dare uno sbocco alla propria economia pericolante, ha bisogno di dare
uno sbocco ai propri giovani, di costruirsi orizzonti più ampi in tutti i sensi: dal
punto di vista politico, dal punto di vista economico, dal punto di vista sociale.
Questo orizzonte per Belgrado non può essere che l’Europa: la Russia, che è stato
il ‘mito’ per molti anni, è troppo lontana, e poi ha altri problemi, e poco può fare
per la Serbia, mentre l’Unione Europea può fare tanto. L’Europa chiede a Belgrado
di pacificarsi e di dimenticare il passato per quanto possa essere doloroso, agli
occhi dei serbi, e quindi arrivare ad un accordo con il Kosovo. Da questo dilemma,
Belgrado non può uscire se non mostrando di avere sufficiente influenza sui serbi
che vivono in Kosovo. Ma anche il Kosovo ha interesse ad arrivare ad una composizione
con il suo vicino, soprattutto con quella parte di popolazione che vive all’interno
dei suoi confini. Insomma, ci sono tantissime ragioni che fanno sì che la pressione
verso un voto dei serbi in Kosovo sia molto forte.
D. – Alla luce di quanto
accaduto sul piano diplomatico alla vigilia di queste elezioni, e soprattutto dell’accordo
di aprile, che abbiamo già citato, quanto è probabile che si arrivi effettivamente
a questa distensione tra Belgrado e Pristina?
R. – Più crescono generazioni
che non hanno vissuto direttamente la stagione dei massacri nei Balcani, e più ci
sono possibilità che il dibattito si incanali, appunto, all’interno di procedure democratiche
come il voto, come la partecipazione ai consigli municipali … Bisogna vedere se questo
tempo è già arrivato.
D. – Anche all’indomani di queste elezioni, quale potrà
essere il ruolo della comunità internazionale nel favorire il processo di riavvicinamento,
che tutti si augurano?
R. – Io credo che, più che di comunità internazionale,
qui si debba parlare proprio di Unione Europea. La comunità internazionale nel senso
più ampio del termine, infatti, si è schierata con il Kosovo. Ci sono sia questioni
ideali, sia questioni di influenza geopolitica, eccetera. Io credo invece che l’Unione
Europea sia più specificamente in grado e nella posizione di fare cose per una pacificazione
definitiva dei Balcani: è tutto una specie di gioco di ricadute successive, non facili
ma che piano piano hanno prodotto qualche risultato.