Giornata della Santificazione Universale: intervista con Mirella Scalia
Ricorre nella festa di Tutti i Santi la “Giornata della Santificazione Universale”
promossa dal Movimento Pro Sanctitate fondato nel 1947 dal Servo di Dio, Guglielmo
Giaquinta. La Giornata di quest'anno apre anche le celebrazioni con cui il Movimento
ricorderà il centenario della nascita del suo fondatore, avvenuta il 25 giugno 1914.
A Roma, nella Chiesa di S. Maria di Loreto a Piazza Venezia, una Messa è stata presieduta
a mezzogiorno da mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare per il settore centro e diverse
iniziative di preghiera e di riflessione sono in programma in Italia e nei Paesi in
cui è presente il Movimento, tutte incentrate sul tema: “Narrare Dio”. Obiettivo della
“Giornata della Santificazione Universale” è sottolineare che la santità è una chiamata
che riguarda tutti i cristiani senza eccezioni. Adriana Masotti ne ha parlato
con Mirella Scalia, segretaria nazionale di Pro Sanctitate:
R. - Senz’altro,
questo è il senso: mettere nel cuore dei cristiani, della Chiesa, delle comunità questa
luce. I Santi non sono solo alcuni, separati, diversi, ma c’è un messaggio che circola
nel Vangelo di richiamo forte all’amore che ci coinvolge tutti, nessuno escluso.
D.
– Forse non per tutti è chiaro, però, che cosa significa santità e chi è il Santo…
R.
– Sì, forse quello che difficilmente passa nel tessuto concreto della vita di ogni
credente è che prima di tutto c’è da guardare alla santità di Dio. È lui il Santo.
Quindi, essere santi è prima di tutto riuscire a stare continuamente dentro questa
luce di Dio. Concretamente, significa: mettersi in ascolto del Vangelo, essere sempre
riempiti da quello che Dio in Gesù ci vuole dire, passo dopo passo senza pensare chissà
a quali gesti eclatanti. Realizzare in pieno la propria umanità fatta di piccole cose,
dove in ogni gesto, in ogni scelta della vita, prima di tutto ci sia il Vangelo; vivere,
soffrire, gioire della vita degli altri.
D. – La ricerca della santità, che
possiamo pensare essere anche la ricerca della perfezione, può essere una forma di
egoismo spirituale. Come evitare questo?
R. – E’ vero, questo è un grosso rischio
perché noi esseri umani siamo un po’ “assetati” di perfezionismo. Però, la santità
non è perfezionismo e non è neanche una vita senza errori: è prendere sempre più coscienza
non solo della fragilità personale, ma anche della fragilità della storia e mettere
tutto questo nel grande cuore di Dio come una risorsa da poter investire. Questo è
quello che ci hanno raccontato i santi, anche attraverso la loro vita.
D. –
Il Santo poi non guarda a se stesso…
R. – Sì, questa è un’altra grande prospettiva
che ci apre il Vangelo. Cristo è tutto, attimo per attimo, in ogni suo respiro, in
ogni sua parola per gli altri. Quindi, più partecipiamo del Suo amore, più sicuramente
la vita diventa un’apertura infinita alle proposte di Dio che passano attraverso le
voci, a volte le grida, dei fratelli che ci chiedono prepotentemente questo amore.
D.
– A questo proposito, Papa Francesco nell’ultima udienza generale ha parlato della
necessità e della bellezza di aiutarsi gli uni con gli altri nel cammino della fede…
R.
– Direi che ne abbiamo profondamente bisogno. Questa è una grande prospettiva che
ci propone il Papa: sottolineare sempre di più che santi si diventa insieme, che la
santità “comunitaria”, la santità “sociale” potrebbe davvero trasformare il volto
della società e della storia di oggi. In realtà, aggregazioni, movimenti, tantissime
voci e cellule della Chiesa hanno voluto sottolineare che la santità - come qualsiasi
cammino profondo ed autentico di fede - è una storia che si costruisce insieme: fratello
accanto a fratello, ci si aiuta a camminare perché da soli non saremmo dentro la logica
di Dio.