Bangladesh: poveri costretti a vendere i propri organi per pagare i debiti
Si fa sempre più preoccupante il fenomeno del commercio illegale di organi in Bangladesh,
dove molti poveri fanno ricorso a questa pratica per risarcire i prestiti di microcredito
assunti. Secondo quanto reso noto dall’agenzia Fides, il mercato nero continua a proliferare
a causa di mediatori che reperiscono facilmente venditori e acquirenti, falsificando
i passaporti e producendo documenti ‘legali’ che attestano che donatore e destinatario
degli organi trapiantati sono parenti. L’Organ Transplant Act, varato dal governo
nel 1999, vieta, infatti, il traffico di organi e la pubblicità dei venditori
degli stessi, ma autorizza la donazione e il trapianto tra parenti e coniugi. Sempre
Fides riferisce che, oltre al traffico di reni, si è aggiunto di recente anche quello
di fegato e cornee, mentre in molti ospedali è stato introdotto il test del Dna per
identificare il donatore. Emblema di tale emergenza è Kalai: nel cuore del villaggio
a nord di Dacca, nel distretto di Jotpurhat, una zona rurale che in molti a prima
vista descrivono come idilliaca, gli abitanti vivono una vita di stenti. Con la speranza
di alleviare il loro stato di povertà molti si indebitano con i creditori di microcredito,
solo per ritrovarsi in una situazione ancora più complicata quando non sono in grado
di rimborsare il prestito. L’idea della vendita di organi, iniziata in Bangladesh
nel 1982, e del relativo commercio, non è nuova in Asia meridionale, dove da anni
i più sfortunati ricorrono a questo metodo per rimborsare i prestiti del microcredito.
In origine tali istituti di credito erano stati creati per sconfiggere l’alto tasso
di povertà, incoraggiare l'imprenditorialità e l'emancipazione delle donne, offrendo
piccoli prestiti a coloro che non erano in grado di ottenere quelli bancari tradizionali.
(C.S.)