2013-10-31 15:57:11

Siria blocca la produzione di armi chimiche. Si complica però la strada verso Ginevra 2


Il Programma alimentare mondiale (Pam) fa sapere che in ottobre ha potuto distribuire aiuti a 3,3 milioni di persone in Siria, un record dallo scoppio del conflitto ma al di sotto dei bisogni della popolazione. Sul piano diplomatico, intanto, il negoziatore internazionale Brahimi, in partenza da Damasco, avverte: nessuna Conferenza di ‘Ginevra 2’ senza l'opposizione. Sul terreno è stato confermato l'attacco di aerei militari israeliani alla base siriana di Latakia, per evitare – è stato detto - "il trasferimento di missili a Hezbollah". Damasco infine asseconda la comunità internazionale e - per la scadenza odierna - disattiva tutte le istallazioni per la produzione e l’assemblaggio delle armi chimiche. Poste sotto sigilli, impossibili da violare, oltre mille tonnellate di agenti chimici e rese inutilizzabili 290 tonnellate di armi. Lo fa sapere l'Opac, l’Organizzazione che si occupa dello smantellamento degli arsenali nel Paese. Sull’attendibilità e il significato della disattivazione delle armi da parte del regime di Assad, Gabriella Ceraso ha raccolto il commento di Giorgio Alba di "Archivio Disarmo":RealAudioMP3

R. - Abbiamo una massima credibilità in quanto la dichiarazione è supportata dalla presenza sul terreno di personale altamente specializzato, consapevole anche dell’impatto politico di eventuali dichiarazioni errate. Da un punto di vista prospettico, i tempi sono rapidi ma non dobbiamo farci confondere da questo, l’importante è raggiungere l’obbiettivo: fermata la produzione di ulteriori armi, cosa fare con le armi già esistenti? Queste devono essere smantellate. Attualmente sono in corso dei negoziati soprattutto tra Stati Uniti e Paesi occidentali: la Norvegia e l’Albania potrebbero essere i due Paesi incaricati allo smantellamento.

D. - Quindi rimane tutta la pianificazione successiva, si parlava dalla metà del 2014 per la distruzione definitiva…

R. - Esatto. Non prevedo ritardi. Bisognerà però verificare nel tempo come questo smantellamento avverrà e soprattutto che impatto da un punto di vista ambientale avrà. Le scorie risultanti dallo smantellamento delle armi chimiche infatti hanno dei rischi ambientali molto elevati, per questo attualmente i Paesi che dovrebbero, non stanno accettando di ospitare queste armi.

D. - È possibile che ci siano armi chimiche nelle mani dei ribelli e in tal caso cosa succede a quelle armi?

R. - Attualmente gli esperti nel settore indicano, con tutta probabilità, l’assenza di armi chimiche nelle mani dei ribelli o eventualmente la presenza di armi chimiche o sostanze associabili alle armi chimiche che vengono però fornite dall’esterno.

D. - Quindi lei sta dicendo che, nonostante questa operazione, comunque c’è possibilità che circolino ancora armi chimiche?

R. - Fino a quando tutti i Paesi non ratificano il Trattato per la messa al bando delle armi chimiche non è possibile escludere queste ipotesi.

D. - Comunque armi in Siria continuano ad essere presenti, perché il conflitto sta andando avanti …

R. - Le armi continuano ad essere presenti in quanto esistono canali di trasporto, di commercio di armi convenzionali attraverso la Turchia, la Giordania e il confine con l’Iraq. Esistendo queste rotte, non possiamo escludere che con un buon finanziamento, qualche entità governativa o meno possa utilizzare questi canali di trasporto per trasferire armi chimiche all’interno della Siria o all’esterno, quindi dalla Siria verso Paesi terzi.

D. - Come vede, a livello strategico, questa ipotetica data della “Ginevra 2” dopo che lo stesso Assad ha avvertito che l’esito dipende dal supporto degli stranieri ai terroristi locali?

R. - L’indicazione che ha fatto Assad significa semplicemente un posizionamento tattico nei confronti dei propri referenti politici a livello internazionale. Assad rappresenta il vertice di una struttura di potere religioso e etnico in Siria che vuole essere tutelata. Assad rappresenta questi interessi e sta segnalando che questi interessi devono essere tutelati: “Siamo pronti al negoziato ma dovete prima tutelare i nostri interessi”. Teniamo presente l’esempio dell’Iraq, dove gli interessi delle minoranze sunnite - pensiamo agli ultimi attentati con autobombe e esplosivi - non sono pienamente tutelati dal governo sciita.







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