Malaysia: "sequestro preventivo" del settimanale cattolico che non può usare la parola
"Allah"
In Malaysia emergono i primi effetti della controversa sentenza della Corte di appello,
che impedisce al settimanale cattolico The Herald di usare la parola "Allah" per definire
il Dio cristiano. Il 25 ottobre alcuni funzionari del ministero degli Interni hanno
bloccato 2mila copie della rivista dell'arcidiocesi di Kuala Lumpur all'aeroporto
di Kota Kinabalu, nello Stato di Sabah. Il sequestro, hanno poi spiegato i membri
del dipartimento - riporta l'agenzia AsiaNews - si è reso necessario basandosi proprio
sugli effetti del verdetto dei giudici; difatti, era necessario verificare se la pubblicazione
"era conforme" al dispositivo emesso dai magistrati e "non vi era un uso illegittimo
della parola Allah". In una nota ufficiale diffusa sulla propria pagina Facebook,
il ministero malaysiano degli Interni ha confermato il sequestro preventivo, sottolineando
che "dopo l'ispezione è stato accertato che non vi sono usi illegittimi nella pubblicazione".
Per questo essa ha poi ricevuto "la luce verde" per la successiva distribuzione "il
27 ottobre 2013". Interpellato sulla vicenda, il direttore di Herald Malaysia padre
Lawrence Andrew dichiara di non aver ricevuto alcuna "spiegazione ufficiale" dal ministero
degli Interni; il sacerdote aggiunge che l'operazione effettuata all'aeroporto di
Kota Kinabalu, per quanto "temporaneo", ha di fatto "impedito la regolare distribuzione"
del giornale nelle chiese di Sabah. E i fedeli "non hanno potuto ricevere in tempo"
le copie per le messe domenicali del 27 ottobre nelle parrocchie. Al contempo, padre
Lawrence sottolinea che il dissequestro è avvenuto solo "dopo che è intervenuto l'arcivescovado
di Kuala Lumpur" nella persona di mons. Murphy Pakiam; l'opera del prelato presso
un deputato cattolico di Sabah (Wilfred Madius Tangau, membro del partito di governo
Barisan Nasional) ha favorito lo sblocco delle pubblicazioni. Da sottolineare che
a Sabah (dove è avvenuto il sequestro delle copie) ed a Sarawak, due Stati della Federazione
malaysiana situati sull'isola del Borneo, il fatto ha creato enorme scalpore, perchè
due terzi della popolazione cristiana del Paese vivono nella zona, che presenta enormi
differenze rispetto alla penisola continentale. Qui le polemiche sull'uso di "Allah"
non ve ne sono, i cristiani usano senza problemi la parola e vi è una sostanziale
armonia e vicinanza fra membri di religioni diverse, anche e soprattutto all'interno
delle famiglie. Sulla vicenda è intervenuto anche Jagir Singh, presidente del Consiglio
consultivo malaysiano per il buddismo, il cristianesimo, induismo, sikh e taoismo
(Mccbchst), che accusa il ministero degli Interni di "arrogarsi il diritto di regolare
le libertà fondamentali, fra cui la libertà religiosa". Il Consiglio delle chiese
della Malaysia parla infine di "violazioni ai diritti delle Chiese cristiane". (R.P.)