Slot Mob: mobilitazione per il buon gioco che premia i baristi no-slot
"Un bar senza slot ha più spazio per le persone". Con questo slogan sta raccogliendo
adesioni in varie città italiane "Slot Mob", la mobilitazione di cittadini per il
buon gioco, contro le povertà e la dipendenza dall’azzardo. L’iniziativa premia gli
esercizi commerciali che hanno rinunciato all'uso delle “macchinette” e prevede in
questi locali dibattiti, momenti di festa e tornei di calcio balilla. “Una realtà
di cittadinanza attiva responsabile che non aspetta i tempi della politica”, spiega
al microfono di Paolo Ondarza uno dei promotori, Carlo Cefaloni:
R. – Purtroppo,
ultimamente abbiamo avuto una forte incentivazione da parte delle leggi dello Stato,
votate in maniera trasversale, nei confronti della diffusione del gioco d’azzardo
legalizzato, e quindi bisogna ricreare una cultura che vada a premiare i gesti che
vanno in controtendenza; come – appunto – l’attività che può svolgere un barista,
un esercente commerciale che nonostante tutti gli incentivi che arrivano per l’immissione
nel proprio locale di una slot machine, compie un gesto di responsabilità.
Magari, il più delle volte vive questo gesto anche in maniera solitaria, come una
questione di coscienza personale. Chiaramente, se non è sostenuto dai consumatori,
dai clienti che magari per 10 centesimi vanno in un bar dove si svolge un altro tipo
di attività, tutto viene meno. C’è bisogno, quindi, di una responsabilità collettiva.
D.
– L’atto di coraggio del barista che rinuncia alla slot, da singolo si sta
trasformando in un fenomeno più diffuso; e voi state girando varie città italiane
proprio per andare in questi locali virtuosi ….
R. – Certo! E’ successo
a Biella, dove è nata spontaneamente una rete sociale: c’è stato un evento che è durato
una giornata intera ed ha coinvolto circa 800 persone, con testimonianze di giocatori
d’azzardo che sono entrati in questa patologia e ne sono usciti. C’è stato non solo
un convegno, ma la possibilità di avere momenti di festa …
D. – Voi infatti
proponete di curare il cattivo gioco con il buon gioco: in che senso?
R.
– Nel momento in cui si organizza questa festa, si mettono insieme le esperienze storiche
come i giochi di strada: il biliardino, ad esempio, è un gioco relazionale, è un gioco
che aiuta. Ma questo l’abbiamo visto in tanti luoghi, in tanti bar dove le persone,
i baristi stessi dicono: “Non ne possiamo più”, e quindi hanno tolto spontaneamente
le "macchinette mangiasoldi" e altri giochi d’azzardo e volentieri hanno introdotto
quello che è un luogo classico di convivialità, di rapporto positivo. Gli introiti
chiaramente non sono gli stessi, però in questo modo questi baristi indicano un modo
diverso di stare che magari costa ma vale la pena favorire.
D. – Qual è la
reazione delle persone che partecipano ad uno "Slot Mob"?
R. – Si tratta di
rompere un meccanismo profondamente iniquo; il più delle volte viene accettato. Accade,
per esempio, come è accaduto a Cagliari: lì è stato un evento bello, costruito sempre
con questa rete di tante associazioni che in maniera spontanea si mettono insieme,
si è fatto un gesto pubblico: un bar, di fronte a quello premiato, ha pensato di chiudere
per partecipare. Il proprietario non ha voluto rappresentare un’alternativa ad una
proposta che ha ritenuto giusta come essere umano e come esercente di un’attività
commerciale. Il fatto che a novembre ci sarà una tre-giorni a Palermo, è emblematico,
perché lì andiamo a parlare di un rapporto forte che si è costituito con i circoli
di “Addio pizzo”, con tutte le reti contro la mafia …
D. – Avete incontrato
difficoltà oggettive nell’andare avanti con questa vostra iniziativa?
R. –
Quando abbiamo lanciato l’iniziativa abbiamo avuto un paio di giorni di difficoltà
sui siti …
D. - … a livello di attacchi di hacker?
R. – Di hacker, sì.
Il sito è stato oscurato per due giorni, ma non abbiamo dato troppa importanza alla
cosa.
D. – La mobilitazione sta partendo dal basso, la palla dev’essere raccolta
dai politici di buona volontà …
R. – Sì. C’è un inter-gruppo a livello di Parlamento
che sta lavorando su questo fronte; dev’essere molto più incisivo, però. Devono essere
i parlamentari che prendono atto di questo fenomeno per essere poi capaci di vederlo
e di gestirlo con urgenza.