Vertice Ue sull'immigrazione: accordo sulla condivisione della responsabilità
Al vertice europeo di Bruxelles è stato raggiunto l'accordo sul tema dell'immigrazione:
il presidente Ue Herman van Rompuy ha detto che i 28 si sono impegnati ad "azioni
determinate" seguendo "tre principi: prevenzione, protezione e solidarietà", precisando
che l’Unione "condivide la responsabilità con i Paesi maggiormente colpiti". Il presidente
francese Francois Hollande, da parte sua, ha precisato che bisogna innanzitutto "agire
sui Paesi di origine e di transito, rafforzando la capacità di alcuni Paesi della
sponda sud del Mediterraneo, in particolare la Libia" di garantire la sicurezza dei
propri confini. In secondo luogo, per Hollande bisogna agire sulla "sorveglianza delle
frontiere", compito che spetta a Frontex ed Eurosur e "noi – ha aggiunto - dobbiamo
fare il possibile perché abbiano tutti i mezzi a disposizione perché questa azione
di sorveglianza sia il più efficace possibile". Infine, bisogna "combattere i trafficanti"
attraverso il rafforzamento della cooperazione giudiziaria. Dell'azione comune dell’Europa
sul fronte immigrazione, Fausta Speranza ha parlato con Pier Virgilio Dastoli,
presidente del Movimento federativo europeo:
R. – Innanzitutto
diciamo: finalmente! Negli ultimi anni ci sono stati 20 mila morti e finalmente si
arriva a stabilire una road map sull’immigrazione. Certamente bisogna rafforzare
le strutture "Frontex" ed Eurosur. I governi devono uscire dalla miopia e rafforzare
nel concreto queste strutture. E poi, però, bisogna seguire delle politiche, simili
a quelle, per esempio, che facemmo con l’Albania, cioè degli accordi con i Paesi rivieraschi,
in modo tale da far sì che il problema venga risolto a monte, e non soltanto quando
i barconi sono nel Mediterraneo.
D. – Ci volevano i morti, purtroppo, per arrivare
a questo vertice...
R. – Ci volevano molti morti, purtroppo. Credo che i governi
abbiano mostrato in questo, non soltanto miopia, ma un’incapacità di visione, nel
governare questi problemi, assolutamente scandalosa.
D. – Adesso si dovrebbe
fare un passo in avanti, ma facciamo anche un po’ di storia. In passato, c’è stato
disinteresse ma ci sono stati anche dei tentativi di politiche sul Mediterraneo che
sono falliti...
R. – E’ dagli anni ’60 che l’Europa avvia delle politiche:
la prima era una politica mediterranea globale, poi rinnovata; poi gli accordi di
associazione; poi il partenariato con il Mediterraneo; poi l’Unione per il Mediterraneo.
Ma nulla di questo ha prodotto qualcosa di serio, anzi negli accordi che noi abbiamo
fatto, abbiamo guadagnato noi, ma non hanno guadagnato questi Paesi. Quando è scoppiata
la cosiddetta "Primavera Araba", la reazione dell’Europa globalmente è stata assolutamente
inadeguata e abbiamo quindi contribuito, in qualche modo, affinché queste primavere
si avviassero all’autunno e poi all’inverno. C’è da fare molto da questo punto di
vista. C’è da fare molto per aiutare i giovani, per esempio fare un "Erasmus" anche
con i Paesi del Mediterraneo; aiutare l’imprenditoria giovanile; aiutare una certa
mobilità regolare di questi giovani in Europa; non dare contributi ai governi ma piuttosto
alle organizzazioni della società civile; i partiti e i sindacati dovrebbero in qualche
modo rafforzare i loro legami con le realtà di questi Paesi, inserendosi nelle organizzazioni
di partito e sindacali di questi Paesi. Insomma, non c’è soltanto una responsabilità
di governi, ma c’è una responsabilità della società europea, che si deve fare carico
di relazioni diverse con i Paesi dall’altra parte del Mediterraneo.
D. – Quali
sono stati i punti di maggiore divisione dell’Europa sul Mediterraneo? Evidentemente
se non si è arrivati ad una politica comune è perché c’erano punti di vista diversi...
R.
– Primo motivo è che ciascun Paese ha ritenuto che la politica estera fosse un affare
esclusivamente nazionale. Ciascuno, quindi, ha gestito le relazioni di questi Paesi
soltanto in una dimensione nazionale e qualche volta anche post coloniale. In secondo
luogo, perché non abbiamo mai avuto una posizione chiara e netta comune sulla questione
del conflitto arabo-israeliano e quindi non abbiamo contribuito affinché si facessero
passi avanti da questo punto di vista. In terzo luogo, perché l’Europa, per molti
anni, ha dato la priorità ad una dimensione che era quella dell’Europa centrale ed
orientale, dimenticando la dimensione mediterranea. E, in quarto luogo, perché noi
stiamo trattando in maniera assolutamente inadeguata la questione dei negoziati con
la Turchia, che evidentemente, da questo punto di vista, è un Paese chiave, cerniera,
per le nostre relazioni con il Mediterraneo.