Pontificio Consiglio per la Famiglia e Caritas Italiana insieme per le famiglie della
Siria
"Le famiglie del mondo per le famiglie della Siria". È il progetto di raccolta fondi
promosso dal Pontificio Consiglio per la Famiglia con Caritas Italiana, a sostegno
degli interventi di Caritas Siria. L’evento è stato presentato a Roma in occasione
del Pellegrinaggio mondiale delle famiglie alla Tomba di San Pietro, i prossimi 26
e 27 ottobre, con due giorni di incontri e celebrazioni con Papa Francesco. Un contributo
potrà essere donato tramite SMS solidali da cellulare e chiamate da telefono fisso
al numero 45594 (da domani al 28 ottobre); tramite versamento su C/C postale n.347013,
specificando la causale “Famiglie per la Siria”; con bonifico su C/C bancario Unicredit,
Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119; con pagamento con carta di credito online,
sul sito www.caritas.it. Il servizio di Giada Aquilino:
Un progetto
della durata di un anno, una raccolta fondi, un’iniziativa per non abbandonare la
Siria, per non lasciare che oltre 4 milioni di sfollati interni e più di 2 milioni
di rifugiati in Giordania, Libano, Turchia e Iraq siano dimenticati. È il progetto
“Le famiglie del mondo per le famiglie della Siria”, che punta a fornire aiuti umanitari
ai siriani in difficoltà, soprattutto con bambini, alloggi temporanei ad almeno 300
famiglie sfollate e assistenza medico-sanitaria a malati, minori e anziani. Si prevede
un aiuto complessivo ad oltre 5.400 famiglie, circa 20 mila persone. Caritas Italiana
è stata nei campi di accoglienza al confine con la Siria. Paolo Beccegato,
responsabile area internazionale:
R. - Sia al confine nord con la Turchia,
sia a quello ovest con il Libano, sia a quello sud con la Giordania abbiamo constatato
come la famiglia siriana sia stata, in qualche modo, ridotta a brandelli. Abbiamo
incontrato “brandelli di famiglia” nei campi profughi, nei centri di accoglienza.
Perché le famiglie sono sostanzialmente quasi tutte spezzate: gli uomini sono costretti
a restare in Siria a combattere e le donne con i bambini - ormai intorno al 30 per
cento di loro - sono costrette a scappare o internamente alla Siria o all’esterno.
La cifra impressionante di 6 milioni di profughi ne dà in qualche modo la misura,
ne dà l’entità e noi ne abbiamo incontrato i volti. La durata di questa situazione
che non vede una fine certa - sono già più di due anni di conflitto - dà non solo
il segno della difficoltà quantitativa, della difficoltà di vivere, di sopportare
una situazione, ma anche di quella psicologica, perché non si intravede una fine e
quindi queste persone o scappano nel Paese o all’esterno. Quello che manca è proprio
una speranza, una prospettiva di ritorno e di condizioni più favorevoli. Ecco perché
la grande conferenza di pace ‘Ginevra 2’, che speriamo venga finalmente tenuta il
mese prossimo, possa aver luogo e si possa quantomeno raggiungere una tregua duratura
e una pace stabile.
D. - C’è una storia particolare che avete conosciuto?
Di qualche famiglia, di qualche donna con figli…
R. - Sì, abbiamo incontrato
molti profughi. In particolare ricordo una mamma che era scappata ed era appena arrivata
in un centro di accoglienza di Caritas Giordania, quindi al sud della Siria: questa
donna era provata dal viaggio, ma in qualche modo era contenta di aver raggiunto una
salvezza, perché almeno era scappata dalle violenze più atroci. Il suo bambino riposava
su un tavolo, con la testa adagiata su un sacchetto di pane appena consegnatogli e
questa immagine trasmetteva una speranza per il futuro: almeno avevano trovato qualcuno
che li accogliesse, che desse loro da mangiare e assicurasse una maggior stabilità
e una maggiore sicurezza.
L’ispirazione per l’iniziativa è venuta dalla grande
giornata di preghiera e digiuno per la Siria indetta da Papa Francesco lo scorso 7
settembre. L’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio
per la Famiglia:
“Dalla stessa piazza - Piazza San Pietro - da dove è salita
al cielo una preghiera per bloccare, in qualche modo, l’intensificarsi del conflitto,
ora deve partire un gesto questa volta verso la terra, verso cioè quelle famiglie
che - senza dubbio - stanno soffrendo in una maniera drammatica. Non ci sarà distinzione
nell’aiuto: saranno aiutate famiglie cattoliche, ortodosse, musulmane o di qualsiasi
altra tradizione. Mi ha fatto rabbrividire, in questi giorni, leggere su qualche quotidiano
che i cecchini in Siria mirano e colpiscono le donne incinte: come a voler rendere
l’inferno ancor più inferno! Tutto questo deve appunto finire”.
Sulla situazione
riscontrata nei campi di accoglienza, il direttore di Caritas Italiana, don Francesco
Soddu:
“È una realtà certamente di grande squilibrio, di grande emergenza,
però di altrettanta accoglienza da parte, per esempio, della popolazione giordana
e di Caritas Giordania. Senza farsi prendere dal panico, ma con una grande umanità,
si mette in atto ciò che è veramente carità cristiana. Anche se il conflitto di fatto,
quello dell’intervento armato a livello mondiale, è stato scongiurato, non per questo
la causa siriana è conclusa. Anzi probabilmente è sempre lì, latente e merita la nostra
attenzione”.
Assieme al progetto, è stato presentato anche un video documentario
realizzato in uno dei 200 campi profughi della Valle della Bekaa, in Libano. Elisa
Greco, assieme a Federico Fazzuoli, lo ha curato:
“Di fronte all’urgenza
di un aiuto immediato, la speranza viene dagli occhi dei bambini: nel vedere il video
si nota questo loro sorridere, nonostante tutto. Non è un caso che concludiamo il
nostro documentario con uno sguardo sorridente di una donna, perché queste persone
attendono, sono fiduciose nel futuro, anche se qualcuna poi ci ha detto di vivere
con l’angoscia, perché loro sono lì, ma i mariti sono in Siria; e non sanno mai se
arriverà qualche notizia che le colpirà fortemente al cuore”.