2013-10-22 16:03:33

Mutilazioni genitali femminili: Conferenza internazionale ieri a Roma


Oggi "sono 125 milioni in 29 Paesi le donne colpite dalle mutilazioni genitali. Una pratica mostruosa ampiamente diffusa in Asia, Africa e Medio Oriente. Si può e si deve fare di più: il consenso sta crescendo”. Così Babatunde Osotimehin, direttore dell’Unfpa, il Fondo Onu per la popolazione, aprendo ieri a Roma la Conferenza internazionale sulle mutilazioni genitali femminili voluta dalla Farnesina. “Si tratta di una battaglia per la difesa dei diritti umani che non ha frontiere”, ha detto il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, garantendo l’impegno economico, finanziario e politico del governo. Il servizio di Gabriella Ceraso:RealAudioMP3

L’impegno italiano per l’eliminazione delle mutilazioni genitali femminili continuerà nonostante la crisi, perché quanto fatto finora offre segnali di speranza: così il ministro Bonino, confermando dinanzi ai rappresentanti dell’Onu che i programmi di prevenzione avviati dal 2008 in 12 su 15 Paesi nel mondo hanno ottenuto sia in alcuni casi l’introduzione di leggi specifiche, sia in 10 mila comunità – circa 8 milioni di persone in 15 Paesi – l’abbandono di tale pratica che ha gravi conseguenze nell’immediato ma anche nel lungo periodo, sulla salute e il benessere di donne e bambine. Dal 2011 inoltre, secondo quanto riferito dalla Bonino, quasi 300 strutture sanitarie hanno incluso programmi di prevenzione, quasi 20 mila sessioni di educazione sono state rivolte alle comunità interessate e più di 4 mila leader religiosi hanno informato i propri seguaci del fatto che, per esempio, l’islam non autorizza le mutilazioni.

Le stime di questa pratica aberrante, legata a tradizioni ancestrali, che uniscono motivazioni sociologiche, igieniche, estetiche e sanitarie, restano comunque spaventose, e ancora rimane da fare: secondo il direttore dell’Unfpa occorre passare dal tasso di abbattimento delle mutilazioni, che oggi si attesta all’1% annuo, fino al 10% "per porre fine a questa pratica già nel 2015". Ad oggi ci sono più di 125 milioni di bambine e donne vittime, in 29 Paesi in cui la pratica è diffusa: l’Africa sub sahariana è l’area più colpita; Somalia, Sudan, Gibuti e Guinea sono in testa insieme all’Egitto dove la stima è di una donna su 5; nei prossimi 10 anni – secondo le stime – sarebbero a rischio 30 milioni di bambine, per lo più tra 5 e 14 anni.

Situazione grave anche nei Paesi di emigrazione, dove non esistono purtroppo stime quantitative, Europa inclusa dove si pensa che almeno provvisoriamente ci sia un totale di 500 mila donne violate e 180 mila a rischio. Per loro, al lavoro spesso ci sono le associazioni territoriali come succede in Italia “Nos Otras”, associazione interculturale di donne, diretta dalla somala Laila Abi Ahmed:

“Cosa succede oggi? Il rischio è che nella diaspora si cerchi di mantenere, per non perdere la tradizione, alcune pratiche nefaste. Il nostro intervento consiste nello stimolare l’autocoscienza della comunità con una campagna di sensibilizzazione. Stiamo facendo anche un discorso di inclusione e di integrazione sociale, e nell’integrazione rientra anche il nostro corpo, il ruolo della donna nella società e l’attenzione a far sì che l’Occidente non ci consideri barbari”.

Gli ultimi dati forniti alla Conferenza di Roma indicano che il sostegno alla pratica delle mutilazioni genitali femminili in generale, nel mondo, è in declino; confermano inoltre che le legislazioni da sole non bastano ma occorre un lavoro globale, come spiega Daniela Colombo tra i promotori della Conferenza di Roma:

“Per aiutarle ad abbandonare la pratica, bisogna dare loro i diritti che hanno, che poi coincidono con la soddisfazione dei loro bisogni essenziali: quindi, il diritto alla salute, all’educazione, alla proprietà della terra, all’istruzione delle bambine, ad un lavoro, un lavoro indipendente e questo può essere fatto soltanto se si lavora nell’ambito di tutti i programmi e progetti di sviluppo”.

Ultimo aggiornamento: 23 ottobre







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