2013-10-22 13:08:54

Dal Gruppo 'Amici della Siria' no a un nuovo impegno politico di Assad


Il presidente Bashar al Assad non avrà alcun ruolo nel futuro governo della Siria. Lo ha detto il ministro degli Esteri inglese William Hague, al termine della riunione del gruppo 'Amici della Siria ieri a Londra. Nel contempo l’opposizione siriana chiede che Assad lasci, altrimenti rischia di saltare la conferenza di pace Ginevra2. E Assad non esclude di ricandidarsi alle presidenziali previste in Siria nel 2014 e attese alle fine di giugno. Gli Stati Uniti - col segretario di Stato, John Kerry - hanno già detto che "se Bashar al Assad sarà rieletto, la guerra in Siria continuerà". Ascoltiamo Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze, intervistata da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. – L’annuncio di Assad è un rinfocolare la guerra, perché dopo due mandati, dal 2000 e poi dal 2007, il volersi ripresentare – dice lui – perché è un suo desiderio e anche quello del popolo è un atto politico di grande orgoglio e manifestazione di forza. Rimane la curiosità non solo di vedere come questo influirà negativamente sul tentativo che si farà a Ginevra di provare ad iniziare a trovare una soluzione, ma soprattutto come pensa Assad di poter organizzare elezioni - anche “accomodate” - in una situazione di guerra civile in cui non solo non controlla più ampie aree del Paese, in particolare a Nord, nella regione di Aleppo, e ad Est, ma anche in cui ci sono stati milioni di profughi, alcuni all’estero ma altri interni. In pratica, il regime controlla la striscia occidentale, in particolare Latakia, sul mare, che è una roccaforte alawita dell’etnia a cui appartiene il presidente, e poi tenta in tutti i modi di controllare l’area di Damasco.

D. – Tra l’altro, Assad ha anche escluso che la conferenza di Ginevra possa tenersi già il 23 novembre, come riferito da più fonti ultimamente. Che ostacoli ci sono?

R. – Gli ostacoli sono che le forze in campo contro di lui sono estremamente divise, sia da un punto di vista religioso, sia da un punto di vista politico. L’unico grande vantaggio che ha Assad, sul campo e sul piano politico, è che la sua fazione è visibilmente unita. Quali tensioni ci siano all’interno non si sa, anche se alcune voci arrivano anche all’esterno.

D. – Quale ruolo potrebbe assumere il vertice vista la spaccatura che c’è sia tra le forze anti-Assad, sia sul terreno?

R. – Quello che prima o poi si farà, o con vertici o sul terreno, è una sorta di spartizione della Siria tra la parte che rimarrà legata al regime degli Assad, probabilmente quella occidentale, e altre parti, come la regione dei curdi che prima o poi guadagnerà più spazio e altre componenti sunnite. Quindi la Siria, de facto, sarà in qualche modo spartita.

D. – Un po’ quello che si era detto per l’Iraq…

R. – L’Iraq è teoricamente un Paese unito, ma in realtà ci sono tre ampie zone: curda, sciita e sunnita.

Ultimo aggiornamento: 23 ottobre







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