2013-10-18 13:01:42

Giornata europea contro la tratta di esseri umani. La drammatica realtà del Messico


Si celebra oggi l’ottava Giornata europea contro la Tratta di esseri umani. In questa occasione, "Soleterre onlus" pubblica un Rapporto sulla tratta dei migranti in Messico, per sensibilizzare l’Italia sulle continue violazioni dei loro diritti umani. Soleterre denuncia soprattutto la grave situazione dei minori: si parla di 20 mila bambini vittime di tratta ogni anno. In Messico, è la denuncia, i piccoli migranti sono ad alto rischio. Francesca Sabatinelli ha intervistato Valentina Valfrè, coordinatrice del Rapporto:RealAudioMP3

R. – Sono sempre più le bambine che finiscono nel circolo della tratta e del traffico, ma in particolare dello sfruttamento sessuale, e non solo. [Vengono rapiti] anche per poter chiedere un riscatto alle loro famiglie, usano poi i bambini anche per attirare altri migranti. Vengono rapiti, chiusi in quelle che chiamano “case di sicurezza”, costretti a dare il numero di telefono delle famiglie affinché le famiglie paghino il riscatto e solo allora – forse – li lasciano andare.

D. – Che tipo di violenze subiscono questi bimbi?

R. – Guarda, di tutti i tipi. Come gli adulti, ma in più vengono usato come schiavi sessuali, quindi fatti lavorare – soprattutto le bambine – nei bordelli… C’è un altissimo tasso di lavoro minorile in Messico, e quindi vengono impiegati anche nel settore agricolo.

D. – Quanti di questi bambini potranno essere salvati?

R. – Il problema è che spesso finiscono nelle maglie dell’Istituto della migrazione. Quindi, vengono fermati, tenuti in questi posti al confine tra uno Stato federale e l’altro, e nella maggior parte dei casi vengono rimpatriati, anche nel caso in cui abbiano difficoltà familiari, cioè una situazione molto brutta alle spalle. Quindi, anche qualora fossero “salvati”, nel senso che vengano salvati dai trafficanti, nella maggior parte dei casi poi succede che appena tornano a casa, ripartano. Io, per esempio, ho incontrato nella Casa del migrante di […] questo ragazzino di 16 anni, Manuel. Era la terza volta – mi raccontava – che passava il confine. E diceva: “Non c’è nessun problema: tu paghi il trafficante e lui ti porta di qua”. E lui lo dice con una naturalezza sconvolgente…

D. – Parliamo del confine con gli Stati Uniti?

R. – In questo caso, no: parliamo del confine tra Guatemala e Messico. In questo momento, secondo i dati che noi abbiamo, il confine sud è forse il confine più pericoloso. Molti pensano sempre al confine nord, quindi al famoso muro tra gli Stati Uniti e il Messico. In realtà, il confine sud in questo momento – forse anche perché è meno visibile – è quello dove veramente succedono le cose peggiori. Ci dicono le Associazioni che lavorano con i migranti che praticamente tra tutti i centramericani che cercano di dirigersi verso il Messico, solamente il 20% arriva: l’80% si perde, il che vuol dire che o torna indietro, o viene sequestrato o viene ucciso o finisce nella tratta per sfruttamento sessuale… Quel confine, nella prima parte – quindi ancora prima di arrivare a Città del Messico – è quello dove in questo momento stanno succedendo le cose peggiori, dove i bambini sono ancora più vulnerabili. L’obiettivo, tendenzialmente, è quello di dirigersi verso gli Stati Uniti. Il problema è che la maggior parte di loro non arriva nemmeno all’altezza di Città del Messico…

D. – Queste bande che si occupano della tratta e che sono così prive di scrupoli nei confronti di bambini e bambine, chi sono?

R. – E’ il crimine organizzato: sono gli stessi gruppi che gestiscono il traffico di droga e il traffico di armi. Quindi, parliamo in primo luogo dei Los Zetas o del cartello di Sinaloa. Quello dei migranti è un traffico che genera un flusso di denaro e di liquidità altissimo ed è lì che loro hanno trovato il business, per cui a loro interessa che ci siano delle politiche repressive e quindi che i migranti centramericani siano clandestini. Questo significa che nel momento in cui entrano in Messico sono vulnerabili e questo fa comodo prima di tutto ai gruppi del crimine organizzato.

D. – Che tipo di azione di contrasto c’è? Le autorità messicane in che modo intervengono? Voi denunciate, nel Rapporto, anche le violenze commesse nelle stazioni migratorie controllate dalle forze dell’ordine…

R. – Esattamente, sì. Ma, le forze dell’ordine sono le prime: sono il primo interlocutore che i migranti trovano nel momento in cui passano la frontiera. Infatti, la frontiera riescono a passarla grazie al trafficante che, di solito, li ha contattati nel Paese d’origine. Dopo di che, devono pagare una serie di dazi. I primi a cui pagano questi dazi sono le autorità di frontiera che li derubano, li minacciano, tolgono loro tutto quello che hanno. Prima ancora dei gruppi del crimine organizzato, ci sono le autorità: in Messico c’è un livello di corruzione altissimo.

D. – All’Italia e all’Europa, in generale, cosa chiedete?

R. – Che i governi si parlino e cerchino di pensare ad una politica sulla migrazione che sia comune. E’ un problema globale! Per cui, sicuramente pensare a politiche che in tutti i Paesi possano per lo meno aiutare immediatamente le categorie più vulnerabili, in primo luogo i minori e le donne. In Messico, ad esempio, il minore non accompagnato viene rimpatriato come un adulto, cosa che per esempio in Italia – per fortuna! – non avviene.








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