Egitto: per il patriarca copto cattolico il Paese sta tornando al suo popolo
"Finalmente gli egiziani sono liberi e l’Egitto appartiene di nuovo al suo popolo".
Il patriarca copto cattolico Ibrahim Isaac Sidrak definisce così la situazione nel
suo Paese. Il patriarca - che questa settimana ha visitato la sede di Aiuto alla Chiesa
che Soffre - individua «due fasi della rivoluzione». La prima è quella che ha portato
alla caduta di Hosni Mubarak, «colpevole di aver abusato del proprio potere», la seconda
coincide invece con la deposizione dell’ex presidente Mohammed Morsi. «Il leader della
Fratellanza – afferma - è stato eletto democraticamente, ma anziché rappresentare
gli egiziani, ha salvaguardato unicamente gli interessi dei Fratelli musulmani, servendosi
della religione per fini politici». L’instabilità degli ultimi mesi ha aggravato
la situazione economica e sociale dell’Egitto e rafforzato i gruppi estremisti, in
particolar modo nelle regioni meridionali. «L’Alto Egitto è stato a lungo trascurato
dal governo e ciò ha permesso ai fondamentalisti di sostituirsi alle autorità - spiega
il patriarca – non deve stupire se molti degli ultimi attacchi hanno avuto luogo in
quest’area». Uno dei simboli delle violenze settarie del dopo-Morsi è il piccolo villaggio
rurale di Dalga, nel governatorato di Minya, dove due chiese, un monastero di oltre
1600 anni e una trentina di abitazioni cristiane sono state distrutte. Dal colpo di
stato del 3 luglio fino al 17 settembre scorso, il piccolo centro è stato sotto il
controllo dei sostenitori di Morsi, alcuni dei quali avrebbero perfino costretto gli
abitanti cristiani a pagare la gizya: una tassa di protezione imposta dall’impero
ottomano ai non musulmani. "Fortunatamente l’esercito e la polizia sono riusciti a
liberare Dalga ed altri villaggi in cui si nascondevano i fondamentalisti", racconta
il prelato che è stato vescovo di Minya per più di dieci anni. Un altro argomento
di grande interesse sono le modifiche alla Costituzione egiziana, che dovrebbero essere
note a breve. «La maggior parte dei membri della costituente vuole uno Stato civile,
ma non dobbiamo dimenticarci che la mentalità islamica è ancora molto diffusa nel
Paese», afferma il patriarca. Tra i punti che fanno maggiormente discutere l’ormai
noto articolo 2, che indica i “principi della sharia quale principale fonte di diritto”.
I membri del partito al-Nour vorrebbero eliminare la parola principi e lasciare come
unico riferimento la legge coranica. "Se parliamo dei principi della sharia intendiamo
valori comuni a tutti, quali il rispetto, l’amore, i diritti umani – spiega il patriarca
– ma se cancelliamo la parola principi l’articolo si presta ad interpretazioni pericolose.
Ad ogni modo non credo che il tentativo salafita avrà successo». Il patriarca guarda
comunque con fiducia al nuovo testo costituzionale ed al futuro dei suoi fedeli. «I
cristiani in Egitto sono rispettati e tantissimi nostri connazionali hanno apprezzato
il modo in cui abbiamo reagito agli attacchi subiti questa estate. Non abbiamo cercato
vendetta, né aiuti dall’estero. Non ci siamo fatti trascinare in una guerra civile
ed abbiamo sempre continuato a collaborare con i nostri fratelli musulmani". (R.P.)