Egitto: nuove manifestazioni pro-Morsi a cento giorni dalla sua deposizione
Marce di manifestanti pro Morsi sono in corso oggi in Egitto. Rafforzate le misure
di sicurezza nelle piazze più a rischio del Cairo come a Tahrir. Grande presenza di
forze dell'ordine anche al palazzo presidenziale, mentre a cento giorni dalla deposizione
dell’ex presidente Morsi, restano invariate le misure sul coprifuoco imposto a metà
agosto. Il movimento "Tamarod", che ha sostenuto la deposizione di Morsi, critica
comunque la bozza di legge che limita le manifestazioni e i raduni in Egitto. Ce ne
parla Massimiliano Menichetti:
L’Egitto
aspetta ancora una volta con timore e trepidazione la fine della tradizionale preghiera
islamica del venerdì. L’Alleanza per la legittimità che raggruppa i movimenti in favore
dell’ex presidente Mohamed Morsi, ha indetto nuove manifestazioni per oggi pomeriggio,
nel centesimo giorno dalla deposizione del primo capo dello Stato proveniente delle
fila dei Fratelli musulmani. "Il venerdì della responsabilità” è il titolo dato alla
giornata, che ha innescato l’intensificarsi delle misure di sicurezza al Cairo e in
diverse città egiziane. Raduni sono stati convocati nelle principali piazze e fuori
le moschee, oltre che nelle metropolitane del Cairo. Adesioni anche da parte del gruppo
estremista Jamaa Islamiya. Intanto prosegue la raccolta firme, in sostegno all'ex
presidente e contro la campagna 'Tamarod' che ha portato alla caduta di Morsi. L'iniziativa,
che finora ha raccolto 2,1 milioni di adesioni, è stata lanciata tre settimane fa
e mira a raccogliere 30 milioni di firme entro il 25 gennaio prossimo, data in cui
ricorre il terzo anniversario della rivoluzione che ha portato alla caduta di Hosni
Mubarak. A questo scenario si aggiungono le critiche del movimento "Tamarod" alla
bozza di legge sulle manifestazioni e sui raduni in Egitto, pensata per contenere
le proteste, che hanno provocato decine di morti e feriti nei mesi passati. Normativa
bollata come ''repressiva'' dai "Tamarod", posizione condivisa anche dai salafiti
del partito al-Nour. La bozza a cui manca solo il via libera presidenziale, secondo
indiscrezioni di stampa, vieterebbe l'utilizzo di luoghi di culto per organizzare
proteste e la richiesta di un permesso alla polizia almeno 24 ore prima delle manifestazioni,
precisando luogo, giorno, orario e obiettivo delle iniziative. I sit-in sarebbero
proibiti.
Sulla complessa situazione egiziana Massimiliano Menichetti ha
raccolto il commento di Azzurra Meringolo dell'Istituto affari Internazionali:
R. – Effettivamente,
la deposizione è stata richiesta da milioni di egiziani che sono scesi in strada,
il 30 giugno, appunto per chiedere l’uscita di scena di Morsi. Quello che è successo
è che la Fratellanza musulmana è del tutto esclusa da questo nuovo processo di transizione
all’interno del Paese: basti pensare che la Costituente – quindi la nuova assemblea
che dovrebbe emendare la Costituzione del 2012 ma di fatto la sta riscrivendo – comprende
soltanto un islamista tra i suoi 50 membri, e questo islamista non è neanche della
Fratellanza musulmana, ma è del Fronte dei salafiti, quindi degli islamisti più radicali.
Diciamo che manca, al momento attuale, un processo di inclusione: quindi, entrambe
le parti in causa, in questi anni, non hanno accettato l’avversario politico. Il problema
della democrazia egiziana passa, in questo momento, per un pre-requisito, che è quello
dell’inclusione: dal voler progettare insieme invece che cercare di dividere sempre
di più le fazioni, come di fatto è successo.
D. – In questo contesto si collocano
anche le contestazioni in relazione alla nuova legge che regola le manifestazioni.
Il movimento "Tamarod", che di fatto ha portato alla deposizione del presidente Morsi,
parla di misure repressive, e così anche i salafiti del partito al-Nur. Però, nessuno
si oppone con forza ad una norma estremamente restrittiva a cui manca solo il via
libera presidenziale …
R. – Il gruppo dei "Tamarod" ma anche il "Gruppo del
6 aprile", che è uno storico gruppo giovanile, protagonista della rivoluzione del
2011, è stato uno dei primi a prendere le distanze dall’intervento militare, quindi
a dire “sì alla deposizione di Morsi” ma “no al ritorno dei militari al potere”. In
questo momento, però, anche all’interno del nuovo governo se questa legge è stata
accettata vuol dire che il governo l’ha fatta passare; e dentro questo governo ci
sono anche molte figure liberali che probabilmente non hanno ritenuto opportuno opporsi
per garantire maggiore “stabilità” al Paese nel corso di queste manifestazioni che
sono soprattutto manifestazioni di islamisti.
D. – L’Informazione nazionale
egiziana ribadisce che i Fratelli musulmani sono il 5,5 per cento della popolazione,
e di fatto minimizza le proteste …
R. – Credo che si debba comprendere la copertura
mediatica che i media egiziani stanno dando e di cui i giornali sono parte: è una
rappresentazione mediatica molto polarizzata e molto schierata. Se pensiamo, ad esempio,
agli eventi che abbiamo visto sia a luglio sia ad agosto, le televisioni sia statali
sia private hanno mostrato soltanto una parte della realtà in strada: nessuno, nessun
giornalista delle fazioni più liberali si è assunto il compito di andare a vedere
realmente quali siano stati, ad esempio, gli eventi, le rappresaglie dei militari
a piazza Rabaa el Adaweya, dove c’era il sit-in dei sostenitori di Morsi. Quello che
possiamo dire è che effettivamente i Fratelli musulmani, gli islamisti, hanno vinto
le prime elezioni del post-Mubarak – per tre volte le hanno vinte: referendum, parlamentari
e presidenziali – e ogni volta la loro percentuale, il loro margine di successo diminuiva.
In aggiunta, il 30 giugno, quando abbiamo visto i milioni di egiziano scesi in piazza,
queste manifestazioni non ci sono state solo al Cairo, ma anche in zone dove la Fratellanza
musulmana ha avuto per anni le sue roccaforti. Quindi, questo faceva presagire che
qualora si fosse andati al voto a ridosso di quelle date, avrebbero perso ulteriormente
voti: questo, sì. Non si è andati alle elezioni e probabilmente la repressione sui
Fratelli musulmani potrebbe anche far loro guadagnare qualche voto.
D. – Comunque,
si guarda alle prossime elezioni. Chi e cosa garantiranno che quel risultato sarà
rispettato?
R. – Bè, si è creato di sicuro un precedente pericoloso: il primo
appuntamento elettorale sarà quello sulla Costituzione, che dovrebbe essere entro
la fine dell’anno. A quel punto ci saranno le parlamentari e le presidenziali. Sappiamo
che potrebbero esserci anche degli ispettori internazionali. La macchina organizzativa
non è ancora entrata a regime: bisognerà vedere chi supervisionerà al meccanismo.
Quindi, effettivamente, c’è il rischio che si sia creato un precedente che ci si possa
ritrovare.