2013-10-18 15:50:17

Egitto: nuove manifestazioni pro-Morsi a cento giorni dalla sua deposizione


Marce di manifestanti pro Morsi sono in corso oggi in Egitto. Rafforzate le misure di sicurezza nelle piazze più a rischio del Cairo come a Tahrir. Grande presenza di forze dell'ordine anche al palazzo presidenziale, mentre a cento giorni dalla deposizione dell’ex presidente Morsi, restano invariate le misure sul coprifuoco imposto a metà agosto. Il movimento "Tamarod", che ha sostenuto la deposizione di Morsi, critica comunque la bozza di legge che limita le manifestazioni e i raduni in Egitto. Ce ne parla Massimiliano Menichetti:RealAudioMP3

L’Egitto aspetta ancora una volta con timore e trepidazione la fine della tradizionale preghiera islamica del venerdì. L’Alleanza per la legittimità che raggruppa i movimenti in favore dell’ex presidente Mohamed Morsi, ha indetto nuove manifestazioni per oggi pomeriggio, nel centesimo giorno dalla deposizione del primo capo dello Stato proveniente delle fila dei Fratelli musulmani. "Il venerdì della responsabilità” è il titolo dato alla giornata, che ha innescato l’intensificarsi delle misure di sicurezza al Cairo e in diverse città egiziane. Raduni sono stati convocati nelle principali piazze e fuori le moschee, oltre che nelle metropolitane del Cairo. Adesioni anche da parte del gruppo estremista Jamaa Islamiya. Intanto prosegue la raccolta firme, in sostegno all'ex presidente e contro la campagna 'Tamarod' che ha portato alla caduta di Morsi. L'iniziativa, che finora ha raccolto 2,1 milioni di adesioni, è stata lanciata tre settimane fa e mira a raccogliere 30 milioni di firme entro il 25 gennaio prossimo, data in cui ricorre il terzo anniversario della rivoluzione che ha portato alla caduta di Hosni Mubarak. A questo scenario si aggiungono le critiche del movimento "Tamarod" alla bozza di legge sulle manifestazioni e sui raduni in Egitto, pensata per contenere le proteste, che hanno provocato decine di morti e feriti nei mesi passati. Normativa bollata come ''repressiva'' dai "Tamarod", posizione condivisa anche dai salafiti del partito al-Nour. La bozza a cui manca solo il via libera presidenziale, secondo indiscrezioni di stampa, vieterebbe l'utilizzo di luoghi di culto per organizzare proteste e la richiesta di un permesso alla polizia almeno 24 ore prima delle manifestazioni, precisando luogo, giorno, orario e obiettivo delle iniziative. I sit-in sarebbero proibiti.

Sulla complessa situazione egiziana Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Azzurra Meringolo dell'Istituto affari Internazionali:RealAudioMP3

R. – Effettivamente, la deposizione è stata richiesta da milioni di egiziani che sono scesi in strada, il 30 giugno, appunto per chiedere l’uscita di scena di Morsi. Quello che è successo è che la Fratellanza musulmana è del tutto esclusa da questo nuovo processo di transizione all’interno del Paese: basti pensare che la Costituente – quindi la nuova assemblea che dovrebbe emendare la Costituzione del 2012 ma di fatto la sta riscrivendo – comprende soltanto un islamista tra i suoi 50 membri, e questo islamista non è neanche della Fratellanza musulmana, ma è del Fronte dei salafiti, quindi degli islamisti più radicali. Diciamo che manca, al momento attuale, un processo di inclusione: quindi, entrambe le parti in causa, in questi anni, non hanno accettato l’avversario politico. Il problema della democrazia egiziana passa, in questo momento, per un pre-requisito, che è quello dell’inclusione: dal voler progettare insieme invece che cercare di dividere sempre di più le fazioni, come di fatto è successo.

D. – In questo contesto si collocano anche le contestazioni in relazione alla nuova legge che regola le manifestazioni. Il movimento "Tamarod", che di fatto ha portato alla deposizione del presidente Morsi, parla di misure repressive, e così anche i salafiti del partito al-Nur. Però, nessuno si oppone con forza ad una norma estremamente restrittiva a cui manca solo il via libera presidenziale …

R. – Il gruppo dei "Tamarod" ma anche il "Gruppo del 6 aprile", che è uno storico gruppo giovanile, protagonista della rivoluzione del 2011, è stato uno dei primi a prendere le distanze dall’intervento militare, quindi a dire “sì alla deposizione di Morsi” ma “no al ritorno dei militari al potere”. In questo momento, però, anche all’interno del nuovo governo se questa legge è stata accettata vuol dire che il governo l’ha fatta passare; e dentro questo governo ci sono anche molte figure liberali che probabilmente non hanno ritenuto opportuno opporsi per garantire maggiore “stabilità” al Paese nel corso di queste manifestazioni che sono soprattutto manifestazioni di islamisti.

D. – L’Informazione nazionale egiziana ribadisce che i Fratelli musulmani sono il 5,5 per cento della popolazione, e di fatto minimizza le proteste …

R. – Credo che si debba comprendere la copertura mediatica che i media egiziani stanno dando e di cui i giornali sono parte: è una rappresentazione mediatica molto polarizzata e molto schierata. Se pensiamo, ad esempio, agli eventi che abbiamo visto sia a luglio sia ad agosto, le televisioni sia statali sia private hanno mostrato soltanto una parte della realtà in strada: nessuno, nessun giornalista delle fazioni più liberali si è assunto il compito di andare a vedere realmente quali siano stati, ad esempio, gli eventi, le rappresaglie dei militari a piazza Rabaa el Adaweya, dove c’era il sit-in dei sostenitori di Morsi. Quello che possiamo dire è che effettivamente i Fratelli musulmani, gli islamisti, hanno vinto le prime elezioni del post-Mubarak – per tre volte le hanno vinte: referendum, parlamentari e presidenziali – e ogni volta la loro percentuale, il loro margine di successo diminuiva. In aggiunta, il 30 giugno, quando abbiamo visto i milioni di egiziano scesi in piazza, queste manifestazioni non ci sono state solo al Cairo, ma anche in zone dove la Fratellanza musulmana ha avuto per anni le sue roccaforti. Quindi, questo faceva presagire che qualora si fosse andati al voto a ridosso di quelle date, avrebbero perso ulteriormente voti: questo, sì. Non si è andati alle elezioni e probabilmente la repressione sui Fratelli musulmani potrebbe anche far loro guadagnare qualche voto.

D. – Comunque, si guarda alle prossime elezioni. Chi e cosa garantiranno che quel risultato sarà rispettato?

R. – Bè, si è creato di sicuro un precedente pericoloso: il primo appuntamento elettorale sarà quello sulla Costituzione, che dovrebbe essere entro la fine dell’anno. A quel punto ci saranno le parlamentari e le presidenziali. Sappiamo che potrebbero esserci anche degli ispettori internazionali. La macchina organizzativa non è ancora entrata a regime: bisognerà vedere chi supervisionerà al meccanismo. Quindi, effettivamente, c’è il rischio che si sia creato un precedente che ci si possa ritrovare.







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