In pellegrinaggio a Roma la reliquia di S. Camillo de Lellis a 400 anni dalla morte
Proseguono le cerimonie per il quarto centenario della morte di San Camillo de Lellis.
Ieri, il cuore del Gigante della carità ha fatto tappa all’Ospedale "Madre Giuseppina
Vannini" di Roma. Il servizio di Davide Dionisi:
Il cuore di
San Camillo de Lellis nel cuore della sofferenza. Oggi, la reliquia dell’Apostolo
di Bucchianico ha fatto tappa nell’Auditorium del nosocomio romano tenuto dalle sue
Figlie, l’Ospedale “Madre Giuseppina Vannini”. Attorno ai sacri resti si è riunito
in preghiera il personale sanitario, le religiose, gli ammalati e i ragazzi che frequentano
il corso di Laurea in Infermieristica della Scuola “Padre Luigi Tezza”. La riflessione
ha evidenziato che a quattrocento anni dalla scomparsa di San Camillo, primo grande
riformatore del servizio nei confronti di chi soffre, il malato continua a essere
una scuola di teologia e di spiritualità. Insegna ad amare Cristo così come ad amare
il prossimo. Per questo, è importante assicurare un trattamento eccellente non solo
sotto il profilo sanitario, ma anche sotto l’aspetto umano. La Santa Messa è stata
presieduta dal superiore generale dei Ministri degli Infermi, padre Renato Salvatore.
A lui abbiamo chiesto se il messaggio di San Camillo può essere considerato ancora
attuale.
R. – E’ un messaggio certamente molto attuale, poiché la sofferenza,
la malattia in un modo o in un altro, direttamente o indirettamente, tocca qualsiasi
persona, e in quel momento siamo particolarmente fragili e bisognosi della solidarietà
e della presenza di qualcuno accanto a noi.
D. – A 400 anni dalla morte dell’Apostolo
di Bucchianico, che messaggio ha lasciato ai Camilliani ma anche a chi è particolarmente
vicino al letto della sofferenza?
R. – Di lottare: lottare per il bene, unendo,
coinvolgendo tutte le forze positive che ci sono, e sono veramente tante. E l’Italia,
in particolar modo, si distingue per la forza del volontariato, della solidarietà,
soprattutto nei momenti del bisogno. Occorre anche però che questa battaglia per il
bene all’interno delle strutture sanitarie sia fatta con il coinvolgimento di tutte
le persone.
D. – Si parla sempre più spesso di umanizzazione degli ospedali,
della sanità: che contributo danno i Camilliani in questo senso?
R. – San Camillo
diceva ai suoi religiosi, e quindi lo ripete un po’ a tutti gli operatori sanitari:
“Più cuore in quelle mani!”. Ossia, certamente serve la professionalità, ma occorre
anche tanta umanità.
D. – Ha senso parlare di "100 braccia" della carità in
un momento di spending review, in un momento in cui la sanità sta soffrendo
così tanto, perché non può contare su sostegno economico da parte delle istituzioni?
R.
– "100 braccia" significa anche che se tutti ci coinvolgiamo soprattutto nella fase
preventiva di tante malattie, certamente ci sarà un risparmio enorme, tenendo conto
che nel mondo dell’economia e della finanza il valore fondamentale e ciò che fa risparmiare
di più è proprio l’etica.