Il Papa: il mondo soffoca, serve l’ossigeno del Vangelo annunciato con gesti più che
parole
L’annuncio del Vangelo passa oggi per la testimonianza di vita, prima che di parole,
portata nel mondo da persone “credibili”, in grado di parlare come Gesù il linguaggio
della misericordia. Lo ha affermato Papa Francesco, che ha ricevuto ieri in udienza
i partecipanti alla plenaria del dicastero Nuova evangelizzazione, guidati dall’arcivescovo
Rino Fisichella. Il servizio di Alessandro De Carolis:
L’immagine simbolo
Papa Francesco se la riserva alla fine: oggi ci sono bambini che neanche sanno farsi
il segno della Croce. È un segno dell’analfabetismo religioso attuale che non ha bisogno
di commenti. È con questa coscienza che il Papa parla della “nuova evangelizzazione”,
un servizio da lui inteso in tre punti: primato della testimonianza, urgenza dell’andare
incontro, progetto pastorale centrato sull’essenziale. La testimonianza, “specialmente
di questi tempi”, ha bisogno – dice – di “testimoni credibili” che “con la vita” “rendano
visibile il Vangelo”, e “risveglino l’attrazione per Gesù Cristo, per la bellezza
di Dio”:
“Tante persone si sono allontanate dalla Chiesa. E’ sbagliato
scaricare le colpe da una parte o dall’altra, anzi, non è il caso di parlare di colpe.
Ci sono responsabilità nella storia della Chiesa e dei suoi uomini, ce ne sono in
certe ideologie e anche nelle singole persone. Come figli della Chiesa dobbiamo continuare
il cammino del Concilio Vaticano II, spogliarci di cose inutili e dannose, di false
sicurezze mondane che appesantiscono la Chiesa e danneggiano il suo volto”.
Papa
Francesco spiega poi lo stile con cui annunciare il Vangelo, che è quello richiesto
ai suoi frati da Francesco di Assisi: parlare al mondo che non conosce Gesù, o che
gli è indifferente, con “il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti
prima ancora che di parole”:
“Ogni battezzato è ‘cristoforo’,
cioè portatore di Cristo, come dicevano gli antichi Padri. Chi ha incontrato Cristo,
come la Samaritana al pozzo, non può tenere per sé questa esperienza, ma sente il
desiderio di condividerla, per portare altri a Gesù. C’è da chiedersi tutti se chi
ci incontra percepisce nella nostra vita il calore della fede, vede nel nostro volto
la gioia di avere incontrato Cristo!”.
Il secondo punto riguarda “l’andare
incontro agli altri”. Anche qui, Papa Francesco rilancia uno dei verbi chiave del
suo magistero: uscire. È la vocazione del cristiano. Uscire verso gli altri, dialogare
con tutti, che abbiano o meno fede, “senza paura e senza rinunciare – ripete il Papa
– alla nostra appartenenza”:
“La Chiesa è inviata a risvegliare dappertutto
questa speranza, specialmente dove è soffocata da condizioni esistenziali difficili,
a volte disumane, dove la speranza non respira, soffoca. C’è bisogno dell’ossigeno
del Vangelo, del soffio dello Spirito di Cristo Risorto, che la riaccenda nei cuori.
La Chiesa è la casa in cui le porte sono sempre aperte non solo perché ognuno possa
trovarvi accoglienza e respirare amore e speranza, ma anche perché noi possiamo uscire
a portare questo amore e questa speranza. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire dal
nostro recinto e ci guida fino alle periferie dell’umanità”.
Ma imboccare
la strada delle periferie non vuol dire una pastorale fatta alla cieca. La Chiesa
non lascia un progetto pastorale “al caso, all’improvvisazione”. Soprattutto, non
lo formula in alcun modo che non “richiami l’essenziale” e non sia “ben centrato sull’essenziale,
cioè – asserisce Papa Francesco – su Gesù Cristo”:
“Non serve disperdersi
in tante cose secondarie o superflue, ma concentrarsi sulla realtà fondamentale, che
è l’incontro con Cristo, con la sua misericordia, col suo amore e l’amare i fratelli
come Lui ci ha amato. Un incontro con Cristo che anche è adorazione, parola poco usata.
Adorare Cristo! Un progetto animato dalla creatività e dalla fantasia dello Spirito
Santo, che ci spinge anche a percorrere vie nuove, con coraggio, senza fossilizzarci!”.
L’ultimo pensiero è un grazie ai catechisti. Il loro, osserva Papa Francesco,
“è un servizio prezioso per la nuova evangelizzazione” ed “è importante – aggiunge
– che i genitori siano i primi catechisti, i primi educatori dellafede nella
propria famiglia con la testimonianza e con la parola”.