Lampedusa: nuovi sbarchi di migranti. A giorni la missione umanitaria
Ancora sbarchi di migranti nel Canale di Sicilia mentre sale il numero delle vittime
dei naufragi del 3 e 11 ottobre scorsi. A Porto Empedocle sono arrivate ieri le salme
dei migranti che dovranno essere sepolti nel cimitero di Piano Gatta. Intanto per
il ministro della Difesa Mauro tutto è pronto per la missione militare e umanitaria
annunciata dal governo italiano. Sulla Bossi-Fini, il premier Letta tuona: è necessario
abolirla. Cecilia Seppia Il
dolore per i morti dei recenti naufragi ancora vivo, i centri di accoglienza al collasso,
il dibattito politico frenetico sulla Bossi Fini, ma gli sbarchi di migranti nel Canale
di Sicilia sembrano senza fine. Due i salvataggi effettuati oggi nel Mediterraneo
per un totale di 400 persone che saranno accolte nella struttura di Pozzallo. Intanto
è arrivata a Porto Empedocle la nave Cassiopea con a bordo 150 bare delle vittime
del naufragio del 3 ottobre scorso, che con i ritrovamenti di altri 3 cadaveri sono
arrivate a 363. Ad accoglierle oltre alle autorità centinaia di siciliani ed eritrei
davanti allo striscione “Sangue nostrum”, ma solo 120 salme saranno trasferite subito
nel cimitero di Piano Gatta. Come confermato oggi dal ministro della Difesa Mauro
partirà tra domani e martedì la missione militare umanitaria annunciata dal governo
per fermare queste tragedie e a tale scopo saranno triplicate navi e aerei in pattugliamento
sul Mediterraneo. “Dobbiamo far capire all’Europa, ha detto Mauro, che vogliamo impegnarci
di più. Così potremo chiedere all’Ue di fare ugualmente”. Dello stesso avviso il premier
maltese Muscat che ribadisce: “Malta e l’Italia sono state lasciate sole a gestire
questo enorme problema, a Bruxelles – aggiunge – i soldi sembrano contare più delle
vite umane”. A proposito della Bossi-Fini poi il premier Letta parla di abolizione
immediata, d’accordo anche Lupi del Pdl, per il vicepremier Alfano invece non si ridurrebbe
comunque il numero dei morti in mare.
Ma il pattugliamento del Mediterraneo
con l’obiettivo di contrastare il traffico di esseri umani dalle coste nordafricane
può essere realmente una soluzione per arginare questa continua emergenza? Amedeo
Lomonaco lo ha chiesto a Gabriele Del Grande, fondatore di Fortess Europe,
osservatorio on line sulle vittime dell'immigrazione verso l’Europa:
R. – Più che
altro, mi sembra che non si cerchi una soluzione a monte. Il problema a monte è la
mobilità. Le persone che si imbarcano per la Sicilia senza passaporto, si rivolgono
al contrabbando perché prima sono passati nelle nostre ambasciate, ma queste gli hanno
negato i visti. Ho conosciuto molte persone arrivate qui che prima di passare per
Lampedusa erano andate nelle nostre ambasciate. Fino a quando l’Europa non abbassa
la soglia per l’ottenimento dei visti, quindi non permette a queste persone di viaggiare
come facciamo noi - con un timbro sul passaporto e imbarcati su un aereo - continueremo
ad assistere a queste tragedie. Sono 25 anni che l’Europa va avanti - dal 1988, quando
sono cominciati gli sbarchi - firmando accordi di polizia, abbiamo costruito carceri
in Libia, abbiamo collaborato addirittura con la polizia di Gheddafi e non siamo mai
riusciti a fermare queste tragedie. In fondo è una logica di mercato: sull’altra riva
del mare c’è una parte di popolazione che chiede accesso alla mobilità, l’Europa criminalizza
quella mobilità e ci sono dei commercianti, dei contrabbandieri, che risolvono la
questione con viaggi senza passaporti. Noi possiamo arrestare, militarizzare, fare
tutto quello che vogliamo, ma finché ci sarà gente che vuole viaggiare e finché quel
viaggio sarà bandito per legge dalle nostre leggi sull’immigrazione, ci sarà qualcuno
che quello stesso viaggio lo offrirà in modo diverso, sicuramente più costoso, più
pericoloso e con tutti i morti che vediamo in questi giorni.
D. - Dunque, una
politica che alimenta questa logica di mercato. Chi sono i trafficanti di uomini?
R.
– In realtà, c’è tutta una retorica sui trafficanti che solo in alcuni casi poi coincide
con la verità. Ad esempio, dalla Tunisia, dall’Algeria molto spesso i viaggi sono
“auto-organizzati”: si tratta di gruppi di ragazzi dei quartieri popolari di Tunisi
o di Algeri che si organizzano, trovano una barca a motore, un gps, un amico comandante
e salpano all’avventura per Lampedusa. La situazione della Libia è molto diversa.
Dalla Libia non partono libici, partono persone di altri Paesi, siriani, eritrei,
somali. Lì, il contrabbando è libico. Prima era legato a uomini del regime, oggi è
legato ad alcune milizie che hanno combattuto contro il regime. Ripeto, loro sono
coloro che sfruttano una situazione. Il problema è a monte! Il problema non sono i
trafficanti. Il problema è la politica che ha criminalizzato il viaggio, che ogni
anno costringe 20-30 mila persone ad affidarsi alle rotte del contrabbando come unica
e ultima possibilità per viaggiare verso l’Europa. In Siria, c’è la guerra e ci sono
due milioni rifugiati siriani che premono sui Paesi confinanti. Molti di loro stanno
tentando di venire in Europa e anche loro non hanno altra possibilità se non quella
di bussare alle porte del contrabbando libico e di viaggiare verso Lampedusa, rischiando
la vita per poi continuare verso la Svezia, la principale meta dei siriani. Perché
i siriani non possono prendere un visto all’ambasciata svedese, anziché affidarsi
al contrabbando, andare a morire in mare e pagare tutti quei soldi?
D. – Chi
rischia la vita spesso non riceve i soccorsi adeguati, anche perché manca ancora un
coordinamento sufficiente da parte di tutti i Paesi dell’Unione Europea…
R.
– Questo è un problema. Se l’Europa deve dare una mano, la dia per il salvataggio.
Non abbiamo bisogno di più navi da guerra per respingere le persone in Libia, non
abbiamo bisogno di costruire carceri e formare polizia libica per arrestare le persone
che sbarcano. Abbiamo bisogno di un dispositivo di salvataggio maggiore, più importante.
Come è possibile che a Lampedusa siano morte più di 300 persone a mezzo miglio dall’isola
senza che prima non fossero state intercettate e soccorse? Come è possibile che anche
ieri questa nave in mezzo al Mediterraneo sia stata intercettata soltanto da un aereo
maltese e non ci fosse lì vicino subito, nell’immediato, una nave per i soccorsi?
Serve un dispositivo maggiore, ma un dispositivo di salvataggio. Inoltre, serve una
parola chiara sulla legge per l’immigrazione che depenalizzi completamente il salvataggio
in mare. Ci sono ancora dei pescatori, dei comandanti di navi civili, che temono di
passare guai con la giustizia per essere accusati di favoreggiamento dell’immigrazione.
Fino a quando l’Europa non semplifica le sue politiche, le sue procedure per l’ottenimento
del visto Schengen, il problema continuerà. Fino a quando le persone che noi oggi
vediamo salpare dalla Libia, arrivare in Italia, e poi continuare il viaggio verso
la Svezia, la Germania o la Francia, fino a quando quelle persone non potranno salire
su un aereo con un visto perché ottenere un visto sarà un po’ più semplice di oggi,
noi continueremo ad assistere a queste tragedie. L’Europa deve trovare il coraggio
che ha avuto, negli anni passati, quando ha liberalizzato completamente i visti sia
per i Paesi dell’Est Europa che per quelli come l’Albania, la Serbia, la Croazia,
la Bosnia. Perché l’Europa ha aperto completamente alla libera circolazione verso
i Paesi dell’Est - con molto coraggio - e non riesce nemmeno a semplificare un minimo
le procedure per i visti nei Paesi della riva sud del Mediterraneo? Perché i siriani,
gli egiziani, gli eritrei, i somali non possono viaggiare in aereo con un visto sul
passaporto e sono costretti a rischiare la vita in mare in questo modo?