Morto a Roma Erich Priebke, responsabile dell'eccidio delle Fosse Ardeatine
E’ morto ieri a Roma a 100 anni, Erich Priebke, l’ex capitano delle SS che durante
la seconda guerra mondiale operò n Italia. Condannato all’ergastolo per l’eccidio
delle Fosse Ardeatine, Priebke scontava gli arresti domiciliari e dal 2009 aveva il
permesso di uscire di casa per determinate esigenze: non si è mai pentito dei crimini
commessi. Nessuna camera ardente sarà allestita per l’ex ufficiale il cui funerale
si svolgerà probabilmente martedì prossimo a Roma in forma rigorosamente privata.
Nel dopoguerra Priebke si era rifugiato in Argentina e da lì fu estradato negli anni
Novanta grazie all’impegno di Giulia Spizzichino, testimone delle Fosse Ardeatine.
Paolo Ondarza l’ha intervistata:
R. - La cosa
non mi tocca né in bene né in male. Non provo neanche la soddisfazione di dire: “Finalmente
è morto!”, mi lascia completamente indifferente. Questa notte, come altre centinaia,
l’ho trascorsa in mezzo ai ricordi. Inspiegabilmente, ogni notte mi sveglio e sento
una mano che mi tocca e una voce che mi dice: "E stanotte? Stanotte dormi?”. E allora,
rimango sveglia un’ora, due ore… Per me, non sono passati 70 anni, per me sono passati
sette minuti. Per cui, cosa vuole che mi importi che questo signore viva, campi o…
Beato lui che ha vissuto fino a cento anni! Mio cugino più piccolo aveva 18 giorni
quando è morto. Che cosa aveva fatto di male, povera creatura? Non aveva ancora aperto
gli occhi alla vita!
D. – Alle Fosse Ardeatine, morirono diversi suoi parenti,
familiari stretti. Lei fu testimone della loro cattura…
R. – Quella sera a
casa di mio nonno c’erano 18 persone. Gli uomini - tutti e sette - due giorni dopo
sono stati mandati alle Fosse Ardeatine, dove sono stati fucilati, i bambini e le
donne sono stati spediti prima a Fossoli e poi, dopo nove giorni di viaggio, sono
arrivati ad Auschwitz dove sono stati uccisi.
D. – Tra i principali responsabili
delle Fosse Ardeatine ci fu proprio Erik Priebke…
R. – Sì, proprio lui. Sono
venuta a saperlo dalla televisione nel 1994 quando sono andata in Argentina per promuovere
la sua estradizione.
D. – Lei si adoperò moltissimo per l’estradizione di Priebke
su sollecitazione di alcuni responsabili della televisione americana che la videro
in un documentario italiano sulle Fosse Ardeatine…
R. – Io ho fatto moltissimo.
La televisione americana mi telefonò e mi disse che il responsabile di questo massacro
viveva indisturbato in Argentina e che non si era potuta ottenere l’estradizione perché
il ministro Biondi aveva fatto la richiesta sbagliata: la sua richiesta era stata
fatta “per crimini di guerra”, un tipo di richiesta che dopo qualche tempo decade.
Bisognava quindi ritornare in Argentina per fare la richiesta di “crimini contro l’umanità”.
L’Abc - la televisione americana - mi chiese se volevo andare e io sono andata, ho
ottenuto questa estradizione, lo abbiamo portato in Italia dove è stato processato.
Ci sono stati tre processi. Con l’ultimo - quello risolutivo - è stato condannato
all’ergastolo, un ergastolo all’acqua di rose.
D. – Priebke non ha mai rinnegato
il suo passato, neanche nel suo testamento…
R. – Lui non ha mai rinnegato nulla.
Lui ha sempre detto che erano dei terroristi. Mio nonno a 75 anni era terrorista?
Se gli davi un fucile in mano cadeva, vecchio com’era... Per avere 75 anni era vecchio.
E mio cugino? Compiva 17 anni il giorno in cui è stato arrestato, era un terrorista?
Lui non si è mai pentito. Ancora oggi mi domando come sia possibile che io non riesca
a trovare pace: non ci riesco... Lo so che sono passati tanti anni, e ieri mi dicevo:
“Giulia, oggi quel pupo di 18 giorni avrebbe 70 anni. Probabilmente, sarebbe morto
per altri motivi”. È vero, ma io non voglio sentire ragioni. Per me, è morto un bambino
di 18 giorni! Lo hanno preso, lo hanno buttato nelle camere a gas , lo hanno spogliato,
lo hanno buttato giù dal camion insieme a quelli di due o tre anni che piangevano
perché volevano andare dalle loro mamme. E loro, con la baionetta gli spezzavano le
gambe e le braccia, li buttavano nelle camere a gas e poi li mandavano nei forni crematori.
Non riesco a trovare pace, questa è la verità!
D. – Lei poi ha raccontato la
sua storia in un libro che sta avendo molto successo…
R. – Ho scritto questo
libro. L’ho regalato anche al Papa. Su Internet, ci sono delle foto bellissime dove
il Papa molto affettuosamente mi stringe la mani insieme al libro. In questi giorni,
mi chiamano le scuole per andare a dare la mia testimonianza. E io non posso rifiutare
il loro invito. Finché ci sono io, una persona che possono vedere, conoscere, parlerò…
Anche i presidi mi chiamano, cosa devo fare? E non andare, non mi sembra leale, o
sbaglio?
Il massacro delle Fosse Ardeatine vide la barbara uccisione di 335
persone e fu ordinato dai nazisti come rappresaglia all’attentato di via Rasella
condotto dai Gruppi di Azione Patriottica nel quale morirono 33 soldati tedeschi.
La legge di guerra avrebbe permesso la fucilazione di 330 prigionieri, 10 per ogni
soldato tedesco ucciso. Sulla morte di Erich Priebke, Paolo Ondarza ha sentito
Marcello Pezzetti, storico e direttore scientifico della fondazione Museo della
Shoah di Roma:
R. – La prima
cosa cui ho pensato sono state le vittime di Priebke. Ho pensato che loro non hanno
vissuto la loro vita e Priebke sì.
D. – Da un punto di vista storico, quali
le responsabilità di Erich Priebke?
R. – L’aver ucciso persone in rappresaglia
è già un crimine, ma il suo crimine sta nel fatto – ed è provato – che lui abbia ucciso
oltre quello che già una legge stabiliva.
D. – Priebke non ha mai rinnegato
il suo passato, ne è conferma anche la lettera di testamento che ha lasciato...
R.
– Infatti, lui non ha mai mostrato segni di pentimento, mai, quando i suoi connazionali,
la maggior parte, lo hanno fatto. Questo fa sì che per lui non si possa avere nessun
tipo di compassione.