2013-10-10 14:55:56

Lampedusa. Mons. Montenegro: la voglia di vivere dei migranti non sia considerata reato


In Italia, ancora in primo piano la situazione a Lampedusa, dopo il naufragio della scorsa settimana, di cui sono ormai oltre 300 le vittime accertate. Martedì la Commissione giustizia del Senato ha dato il via libera ad un emendamento che, se approvato in via definitiva, cancellerebbe il reato di immigrazione clandestina. Davide Maggiore ha intervistato mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, appena rientrato da Lampedusa: RealAudioMP3

R. - Io spero che la voglia di vivere, che esprimono tutti questi fratelli che si mettono sul barcone per tentare di avere una vita migliore e diversa, non sia considerata un reato. La voglia di vivere è un diritto di ogni uomo! E’ strano che noi li condanniamo perché loro vorrebbero un futuro diverso e una speranza di vita nel cuore. Quindi non posso se non condividere questa apertura che spero davvero porti a qualcosa di nuovo e di diverso.

D. - Quali potrebbero essere altri passi nella direzione che lei auspica?

R. - Io non sono un tecnico, per cui non sono in grado di dare linee precise. Io dico: se sta avvenendo questa tragedia come è avvenuta, se altre tragedie ce ne sono state e forse noi non ne siamo venuti a conoscenza, probabilmente è perché c’è una legge che permette che succedano questi fatti. Io ho visto le salme, ho visto i volti di quei bambini… Queste vite spente devono far riflettere: qualcosa deve cambiare! L’Europa non si può reggere solo sull’economia e sono convinto che l’economia non riuscirà a fare un’Europa unita. Come ci dice il Papa, è l’uomo al centro: è intorno all’uomo che bisogna ricucire una rete, una tela di vita nuova.

D. - Lei ha citato l’Europa: si avvicina il semestre di presidenza italiano. Lei pensa che questa possa essere l’occasione per l’Italia per sollevare questo tema anche a livello delle istituzioni europee?

R. - Io spero di sì. Ieri ero presente quando Barroso ha fatto il suo intervento. Lui si è impegnato affinché le nazioni europee siano più attente a questo problema. E’ un auspicio, un desiderio… Credo che questo sia legato ad un futuro diverso dell’Europa. L’Europa, se non sa guardare soprattutto ai poveri, come può sperare in un futuro?

D. - In queste ore lei è riunito insieme agli altri vescovi della Sicilia, a Siracusa, e state affrontando anche questo tema. Quale contributo lei porta in particolare?

R. - Ciò che io ho visto, perché anche gli altri lo vedano attraverso i miei occhi! Non è una pretesa, ma sono un testimone, che è stato presente in questi giorni là. Il mio auspicio è che come desideriamo che un’Europa si unisca per poter affrontare il problema dell’immigrazione, anche le diverse diocesi si uniscano per creare una rete diversa di attenzione, di assistenza, di vicinanza. A Lampedusa si è tenuto l’incontro dei direttori delle Caritas e l’impegno è proprio questo: una Chiesa che si unisce per farsi forte nel servizio dell’amore, che è chiamata a fare dal Vangelo.

D. - Il ruolo della Chiesa può essere prezioso anche dal punto di vista della testimonianza e dell’appello morale?

R. - Noi questa affermazione la facciamo da sempre e le tragedie stanno continuando ad avvenire! Si parla di 20 mila morti nel Mediterraneo… Ma anche quando dovesse morire un solo uomo, dovremmo interrogarci tutti quanti, credenti e non credenti. E non possiamo permettere che questa tomba liquida, che è il Mar Mediterraneo, debba contenere sempre più cadaveri e più morti.

Ultimo aggiornamento: 11 ottobre







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