2013-10-10 16:32:07

Amnesty: cessino le violenze contro i copti in Egitto


Amnesty International ha presentato un Rapporto sulle violenze subite dalle comunità cristiano copte, nello scorso mese di agosto. Dopo gli sgomberi di due manifestazioni in favore del deposto presidente Morsi, i copti egiziani sono stati oggetto di attacchi che hanno provocato la morte di 4 persone e il danneggiamento di 43 chiese e quasi 200 abitazioni private. Elvira Ragosta ne ha parlato con Riccardo Noury, direttore della Comunicazione di Amnesty Italia:RealAudioMP3

R. - Ci sono stati attacchi con armi da fuoco, con tubi metallici, con coltelli, grida contro coloro che definiscono “cani cristiani”… Chi ha eseguito questi attacchi? Chi li ha tollerati? É tutto molto chiaro e chiamano in causa le nostre denunce tanto contro la Fratellanza musulmana - i cui aderenti che hanno preso parte a questi attacchi e i cui leader li hanno stimolati - quanto contro le forze di sicurezza egiziane che non sono intervenute. È come se i copti dovessero essere i capri espiatori per qualcosa in cui non c’entrano nulla, e cioè con le centinaia di morti causate dalle forze di sicurezza egiziane al Cairo. Quella dei copti che sono in Egitto vittime di attacchi, di violenze, di discriminazioni, come se fossero la causa di tutto ciò che non va in quel Paese, è una storia molto lunga. Occorre che la discriminazione e la violenza nei confronti dei copti cessi e che le parole di condanna delle autorità egiziane, la promessa di ricostruire gli edifici distrutti vengano seguite da misure concrete. Intanto, deve cambiare questa modalità molto blanda della riconciliazione con cui cerca sempre di risolvere le dispute per motivi religiosi.

D. - Ci sono delle sedute di riconciliazione per distendere la tensione…

R. - Sì, distenderanno anche la tensione, può essere che in alcuni casi riescano a favorire una convivenza pacifica. Però, poi, se il risultato complessivo è quello che gli esecutori materiali degli attacchi e i loro mandanti rimangano impuniti, che la retorica anticristiana prosegua e che non vengano presi provvedimenti per garantire l’incolumità fisica dei fedeli copti e la protezione dei loro luoghi di culto, queste sedute di riconciliazione mostrano la corda e non sono un meccanismo assolutamente adeguato per proteggere il diritto alla libertà di religione e la possibilità per una minoranza religiosa di vivere in pace e in sicurezza nel suo Paese.

D. - Minoranza copta che già deve alla comunità musulmana egiziana una tassa per avere salva la vita…

R. - Sì, questo fa parte della discriminazione che è di leggi, di prassi, di abitudini, tasse, balzelli, ostacoli burocratici di altra natura che impediscono o rendono comunque molto difficile poter costruire luoghi di preghiera o ripristinarli quando non sono più in funzione. È una lunga storia: da Mubarak al Consiglio superiore delle forze armate, poi a Morsi e di nuovo ai militari… La situazione purtroppo non è cambiata. Sotto la presidenza Morsi, quando la Fratellanza musulmana ha avuto il controllo - di fatto - dalle istituzioni egiziane, la retorica e i soprusi sono stati molto più evidenti.

D. - Dopo questa ondata di violenza nei confronti dei copti, come vive la comunità cristiano-copta in Egitto?

R. - Vive nella paura. Noi abbiamo ascoltato, durante i sit-in pro Morsi della metà di agosto, parole incendiarie in cui i copti venivano accusati di stare dalla parte dell’esercito, di essere scesi in piazza con loro, di averlo invocato e di averlo accolto.







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