Rapporto Ocse: flussi migratori in aumento ma con livelli inferiori a quelli pre-crisi
I flussi migratori aumentano nei Paesi dell’Ocse ma registrano livelli ben inferiori
rispetto a quelli che hanno preceduto la crisi. Registra un incremento anche la mobilità
all’interno dell’Unione Europea. Sono alcuni dei dati contenuti nel Rapporto Ocse
2013, “Prospettive sulle migrazioni internazionali”, presentato a Roma. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
Nel periodo
2001- 2011 l'immigrazione ha contribuito per il 40% alla crescita totale della popolazione
nell'area dell’Ocse. Sul piano economico, i flussi migratori non hanno invece un’incidenza
rilevante, in positivo o in negativo, sui bilanci statali. Johnatan Chaloff,
analista della Divisione delle Migrazioni Internazionali dell’Ocse:
R. – Quello
che emerge è che l’immigrazione non è un costo per i Paesi di destinazione, non è
neanche una cura per un bilancio pubblico in disavanzo. Quindi, l’immigrazione non
ha un grosso impatto fiscale. Questo è importante da tenere presente, perché la percezione
è spesso quella di un impatto negativo importante oppure che in qualche modo gli immigrati
possano risolvere il problema della sostenibilità dei sistemi pensionistici. Il primo
risultato di questo rapporto, dunque, è che l’immigrazione non ‘fa male e non fa bene
al bilancio’, non cambia molto il quadro. Secondo, l’immigrazione è continua anche
in tempi di crisi e comincia a riprendersi. Questa ripresa è legata a delle trasformazioni
nel mercato del lavoro e pressioni demografiche in alcuni Paesi.
D. – Aumenta
anche la mobilità all’interno dell’Europa. Polonia e Romania figurano tra i primi
Paesi di origine dell’immigrazione verso Stati dell’Ocse…
R. – Sì, c’è l’aumento
della mobilità. Spesso sono disoccupati che tornano a casa ed è un flusso altrettanto
importante rispetto a quello di chi parte per cercare lavoro in altri Paesi.
Il
Mediterraneo è diventato un muro che divide popoli e nazioni. Bisogna creare un’area
di libero scambio che inglobi Paesi europei e nordafricani. Questa la convinzione
espressa dal prof. Antonio Golini, docente di sviluppo sostenibile e flussi
migratori presso l'università Luiss di Roma:
R. – Il muro è evidente, perché
divide il benessere dal malessere economico, una piena libertà civile e politica che
abbiamo a Nord del Mediterraneo da condizioni sociali e politiche non di pieni diritti,
come l’intendiamo noi. Effettivamente è proprio un nuovo muro – io dico – perché è
simile a quello che si aveva nella cortina di ferro, quando c’era l’Ovest e l’Est
europeo.
D. – La creazione di un’area di libero scambio ‘Europa-Mediterraneo’
potrebbe far breccia in questo muro?
R. – Io credo che non solo potrebbe far
breccia, ma è assolutamente necessaria, perché aiuterebbe la crescita economica non
solo del Nord Africa, ma anche del Mezzogiorno italiano, che così avrebbe nuovi sbocchi.
Per di più, la crescita del Nord Africa potrebbe drenare parte della fortissima immigrazione,
che inevitabilmente si avrà dall’Africa sub sahariana.
I flussi migratori in
uscita dai Paesi colpiti dalla crisi e in modo particolare dagli Stati dell’Europa
del Sud – si sottolinea infine nel rapporto Ocse - hanno fatto registrare, dal 2009
al 2011, un’accelerazione del 45%.