2013-10-07 14:23:11

Siria, si smantellano le armi chimiche. Campanini: incognite sul futuro del Paese


Soddisfazione nella comunità internazionale, specie da parte di Stati Uniti e Russia, per l’avvio in Siria delle operazioni di smantellamento dell’arsenale chimico, il più grande del Medio Oriente e il quarto al mondo. A certificarlo sono gli ispettori dell’Onu che, giunti martedì scorso a Damasco, hanno ottenuto dal presidente Assad la lista dei siti con gli impianti per la produzione e i depositi di armi chimiche. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento:RealAudioMP3

D. – Professor Campanini, una buona notizia in assoluto o ci sono incognite da valutare? Ad esempio, quale contropartita può avere chiesto Assad per questa – possiamo dire – "resa"?

R. – Io non credo che sia necessario che Assad abbia voluto contropartite. Per come si è svolta la crisi, e per come si è risolta, ha significato un irrobustimento e un consolidamento di Assad, il quale ha trovato una sponda solida nella Russia, ha fatto perdere la faccia a Obama e agli Stati Uniti, e poi è stato riconosciuto come un interlocutore. Quindi, dal punto di vista strettamente diplomatico, io credo che tutto si sia risolto con un consolidamento e una vittoria politica da parte di Assad. Che poi si tratti veramente di un risultato decisivo, tenendo conto che è probabile o comunque possibile che l’uso delle armi chimiche non si sia limitato soltanto al regime di Assad ma che sia stato anche dei ribelli, e quanto poi lo smantellamento dell’arsenale del regime senza che venga smantellato l’arsenale dei ribelli – o il fatto se poi Assad smantellerà veramente sotto il controllo internazionale questo arsenale – lascia tutta la questione in pregiudicato. Mi pare che sostanzialmente si sia fatto molto rumore per nulla e che la montagna abbia partorito un topolino.

D. – Stati Uniti e Russia si sono detti, ora, favorevoli a fissare quanto prima una data per una conferenza di pace e per questo faranno ‘pressioni’ sull’Onu. Questo comunque fa sperare nella fine delle ostilità, fa ben sperare per la popolazione?

R. – Allo stato attuale delle cose, nessuno dei due contendenti sembra in grado di vincere militarmente la partita, per cui il fatto di pervenire a una conferenza di pace che possa condurre gli interlocutori ad un tavolo di trattative, mi sembra comunque un risultato positivo, anche perché obiettivamente Assad non potrà più ripresentarsi con lo stesso schema di potere e di controllo della società siriana, perché bene o male il suo ruolo è stato intaccato e la sua funzione di dittatore, di capo assoluto, di dominatore incontrastato della scena politica siriana è stato rimesso in discussione. Di conseguenza, credo che comunque i rivoltosi avranno modo di strappare ad Assad delle concessioni e contemporaneamente Assad potrà dire e sbandierare di fronte all’opinione pubblica internazionale, di avere respinto gli assalti, di aver vinto in qualche modo la sua guerra, perché un incontro di pace vuol dire automaticamente che egli resta al potere: con poteri diminuiti, sicuramente, però indubbiamente rimane al potere. Comunque, penso che lo sbocco di questa situazione senza via d’uscita sia quello di un’intesa generale, in cui possano intervenire le forze e le potenze internazionali, come gli Stati Uniti e come la Russia, e in qualche modo trovino un terreno di convergenza diplomatica e politica tra i due contendenti.







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