Supplica alla Madonna di Pompei. Mons. Caputo: Rosario unisce fede e carità
Ieri a Pompei, la tradizionale Supplica alla Madonna del Rosario. La preghiera, rivolta
alla Vergine - l’8 maggio e la prima domenica d’ottobre – è stata composta nel 1883
dal Beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario, dopo la pubblicazione dell’Enciclica
“Supremi apostolatus officio” di Leone XIII, che di fronte ai mali della società,
additava come rimedio la recita del Rosario. Quest’anno la preghiera è stata guidata
da mons. Angelo Becciu, sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato,
che ha anche presieduto la Messa dedicata alla Vergine del Rosario. Tiziana Campisi
ha intervistato mons. Tommaso Caputo, arcivescovo prelato di Pompei:
R. - In questo
giorno solenne della Supplica i fedeli sono invitati, in modo speciale, a rispecchiarsi
in Maria, Colei che è beata perché ha creduto e grazie alla sua fede ha accolto nel
suo grembo il Verbo di Dio per donarlo al mondo. Alla scuola della Vergine Maria i
fedeli imparano ad ascoltare con fede la parola di Dio, a contemplarla nei Misteri
del Santo Rosario e a trasformarla in carità ardente verso i più deboli. Quest’anno,
poi, la Supplica cade il giorno successivo alla memoria liturgia del Beato Bartolo
Longo, che è il 5 ottobre. Ieri, infatti, abbiamo celebrato la festa del nostro fondatore,
con l’inaugurazione della cappella a lui dedicata - dopo i lavori di abbellimento
e di adeguamento liturgico e funzionale - al mattino e la processione con le sue spoglie
alla sera. Dobbiamo sempre ricordare che senza il Beato Bartolo Longo non esisterebbe
questo Santuario.
D. - Quale messaggio vuol far giungere quest’anno dal Santuario
della Madonna di Pompei?
R. - Mi piacerebbe che chi ci ascolta, si sentisse
sollecitato ad accrescere la propria fede con la preghiera e con le opere. Quindi
pregare, magari proprio il Santo Rosario più spesso, con più fervore ed intensità,
e ricordarsi degli ultimi, andando incontro spiritualmente e materialmente alle periferie
del mondo, come ci esorta Papa Francesco. Qui a Pompei, da sempre, uniamo fede e carità,
propagando il Rosario ed accogliendo i figli delle nuove povertà. Quest’anno abbiamo
accolto, ad esempio, 50 ragazzi che vengono da famiglie in cui l’uno o l’altro genitore
è in carcere. Con l’aiuto di tutti speriamo di continuare a farlo, finché ce ne sarà
bisogno.
D. - Lei guiderà, il prossimo fine settimana, un pellegrinaggio a
Roma. Con quale spirito i fedeli di Pompei si preparano a viverlo?
R. - Come
Santuario abbiamo aderito alla Giornata Mariana del 12 ottobre, giornata dal titolo
“Beata perché hai creduto!”, promossa dal Pontificio Consiglio per la Promozione della
Nuova Evangelizzazione in occasione dell’Anno della Fede. Da Pompei, assieme a me,
ai parroci, alle religiose, ai religiosi, partiranno circa mille persone. Certamente
per tutti sarà un momento di crescita e di comunione.
D. - Come sono stati
vissuti a Pompei i primi sei mesi di Pontificato di Papa Francesco?
R. - Papa
Francesco è un vero dono di Dio alla Chiesa e all’umanità. Le parole e soprattutto
i gesti del Papa sono per i credenti uno sprone a vivere con sempre più radicalità
la propria vocazione e per i non credenti l’occasione per riflettere sulle grandi
domande dell’uomo. Il Santuario di Pompei, che Bartolo Longo volle donare al Papa,
ha da sempre un fortissimo legame con la Santa Sede. Gli inviti del Papa alla sobrietà,
i suoi continui richiami alla misericordia, trovano qui, nella terra di Bartolo Longo,
terreno fertile perché riecheggiano i temi fondamentali del nostro Santuario. Il suo
recente forte appello alla pace, poi, è stato accolto con grande entusiasmo, non solo
perché la facciata del nostro Santuario è consacrata alla pace universale, ma soprattutto
perché la pace fa parte del nostro Dna. Tutti noi speriamo che, come hanno già fatto
i suoi predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, anche Papa Francesco venga
presto a Pompei.