Portate il Vangelo ai lontani senza rigidità mentali o pastorali: così il Papa alla
comunità diocesana di Assisi
Il Papa ha pranzato con i poveri nel centro della Caritas a Piazzale Donegiani in
Santa Maria degli Angeli. Poi ha visitato l'Eremo delle Carceri, pregando nella Cella
di San Francesco. Primo incontro del pomeriggio, quello con il clero, i consacrati
e i membri dei Consigli pastorali della Diocesi nella Cattedrale di San Rufino.
Nel
suo discorso, il Papa ha innanzitutto ringraziato per l’accoglienza i sacerdoti, i
religiosi e le religiose e i laici impegnati nei consigli pastorali. “Quanto sono
necessari i consigli pastorali! – ha esclamato - Un vescovo non può guidare una diocesi
senza i consigli pastorali. Un parroco non può guidare la parrocchia senza i consigli
pastorali. Questo è fondamentale! [applausi]”.
“Siamo nella Cattedrale” – ha
detto – “Qui si conserva il fonte battesimale dove san Francesco e santa Chiara furono
battezzati, che in quel tempo si trovava nella Chiesa di Santa Maria. La memoria del
Battesimo è importante! Il Battesimo è la nostra nascita come figli della Madre Chiesa”.
Poi ha fatto una domanda”: chi di voi sa il giorno del suo battesimo? Pochi, eh? Pochi
… Adesso, compiti a casa, eh?”. “Ma, è importante – ha aggiunto - perché è il giorno
della nascita come Figlio di Dio. Un solo Spirito, un solo Battesimo, nella varietà
dei carismi e dei ministeri. Che grande dono essere Chiesa, far parte del Popolo di
Dio! Tutti siamo il popolo di Dio. Nell’armonia, nella comunione delle diversità,
che è opera dello Spirito Santo, perché lo Spirito Santo è l’armonia e fa l’armonia:
è un dono di Lui, e dobbiamo essere aperti a riceverlo!”.
“Il vescovo – ha
detto - è custode di questa armonia. Il vescovo è custode di questo dono dell’armonia
nella diversità. Per questo il Papa Benedetto ha voluto che l’attività pastorale nelle
Basiliche papali francescane sia integrata in quella diocesana. Perché lui deve fare
l’armonia: è il suo compito, è il suo dovere e la sua vocazione. E lui ha un dono
speciale per farla. Sono contento che stiate camminando bene su questa strada, con
beneficio di tutti, collaborando insieme con serenità, e vi incoraggio a continuare.
La Visita pastorale che si è da poco conclusa e il Sinodo diocesano che state per
celebrare sono momenti forti di crescita per questa Chiesa, che Dio ha benedetto in
modo particolare. La Chiesa cresce, ma non è per fare proselitismo: no, no! La Chiesa
non cresce per proselitismo. La Chiesa cresce per attrazione, l’attrazione della testimonianza
che ognuno di noi dà al popolo di Dio”. [applausi]
“Non voglio dirvi cose nuove
– ha precisato - ma confermarvi in quelle più importanti, che caratterizzano il vostro
cammino diocesano. La prima cosa è ascoltare la Parola di Dio. La Chiesa è
questo: la comunità – lo ha detto il vescovo – la comunità che ascolta con fede e
con amore il Signore che parla. Il piano pastorale che state vivendo insieme insiste
proprio su questa dimensione fondamentale. E’ la Parola di Dio che suscita la fede,
la nutre, la rigenera. E’ la Parola di Dio che tocca i cuori, li converte a Dio e
alla sua logica che è così diversa dalla nostra; è la Parola di Dio che rinnova continuamente
le nostre comunità…Penso che tutti possiamo migliorare un po’ su questo aspetto: diventare
tutti più ascoltatori della Parola di Dio, per essere meno ricchi di nostre parole
e più ricchi delle sue Parole. [applausi] Penso al sacerdote, che ha il compito di
predicare. Come può predicare se prima non ha aperto il suo cuore, non ha ascoltato,
nel silenzio, la Parola di Dio? Via queste omelie interminabili, noiose, [applausi]
delle quali non si capisce niente”. E ha aggiunto: “Penso al papà e alla mamma, che
sono i primi educatori: come possono educare se la loro coscienza non è illuminata
dalla Parola di Dio, se il loro modo di pensare e di agire non è guidato dalla parola,
quale esempio possono dare ai figli? Questo è importante, perché poi papà e mamma
si lamentano, ‘questo figlio …’ … ma tu? Che testimonianza gli hai dato? Come gli
hai parlato? Della Parola di Dio o della parola del telegiornale? Eh? [applausi] Papà
e mamma devono parlare dalla Parola di Dio!. E penso ai catechisti, a tutti gli educatori:
se il loro cuore non è riscaldato dalla Parola, come possono riscaldare i cuori degli
altri, dei bambini, dei giovani, degli adulti? Non basta leggere le Sacre Scritture,
bisogna ascoltare Gesù che parla in esse: è proprio Gesù che parla nelle Scritture,
è Gesù che parla in esse. Bisogna essere antenne che ricevono, sintonizzate sulla
Parola di Dio, per essere antenne che trasmettono! Si riceve e si trasmette. E’ lo
Spirito di Dio che rende vive le Scritture, le fa comprendere in profondità, nel loro
senso vero e pieno! Chiediamoci, come una delle domande verso il Sinodo: che posto
ha la Parola di Dio nella mia vita, la vita di ogni giorno? Sono sintonizzato su Dio
o sulle tante parole di moda o su me stesso? Una domanda che ognuno di noi deve farsi”.
“Il
secondo aspetto – ha continuato - è quello del camminare. E’ una delle parole
che preferisco quando penso al cristiano e alla Chiesa. Ma per voi ha un senso particolare:
state entrando nel Sinodo diocesano, e fare “sinodo” vuol dire camminare insieme.
Penso che questa sia veramente l’esperienza più bella che viviamo: far parte di un
popolo in cammino, in cammino nella storia, insieme con il suo Signore, che cammina
in mezzo a noi! Non siamo isolati, non camminiamo da soli, ma siamo parte dell’unico
gregge di Cristo che cammina insieme”.
“Qui – ha sottolineato - penso ancora
a voi preti, e lasciate che mi metta anch’io con voi. Che cosa c’è di più bello per
noi se non camminare con il nostro popolo? E’ bello! Quando io penso a questi parroci
che conoscevano il nome delle persone della parrocchia, che andavano a trovarli, [applausi]
anche come uno mi diceva: ‘Io conosco il nome del cane di ogni famiglia’: anche il
nome del cane, conoscevano! Che bello che era, no? Che cosa c’è di più bello? Lo ripeto
spesso: camminare con il nostro popolo, a volte davanti, a volte in mezzo e a volte
dietro: [applausi] davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e
sostenerla; dietro, per tenerla unita perché nessuno rimanga troppo, troppo indietro:
per tenerla unita, e anche per un’altra ragione: perché il popolo ha “fiuto”! Ha fiuto
nel trovare nuove vie per il cammino, ha il “sensus fidei”, che dicono i teologi.
Che cosa c’è di più bello? E nel Sinodo dobbiamo avere anche cosa lo Spirito Santo
dice ai laici, al popolo di Dio, a tutti!”.
“Ma la cosa più importante – ha
detto - è camminare insieme, collaborando, aiutandosi a vicenda; chiedersi scusa,
riconoscere i propri sbagli e chiedere perdono, ma anche accettare le scuse degli
altri perdonando – quanto è importante questo! Alle volte penso ai matrimoni che dopo
tanti anni si separano. ‘Eh, no, non ci intendiamo, ci siamo allontanati …’. Forse
non hanno saputo chiedere scusa in tempo. Forse non hanno saputo perdonare a tempo.
E sempre io, ai novelli sposi, do questo consiglio: ‘Litigate quanto volete. Se volano
i piatti, lasciateli. Ma mai finire la giornata senza fare la pace! Mai!’. [applausi]”
… E se i coniugi “imparano a dire: ‘Ma, scusa, ero stanco’, o soltanto un gestino:
ma, è questa la pace e riprendere la vita il giorno dopo! Questo è un bel segreto,
e questo evita queste separazioni dolorose. Quanto è importante camminare uniti, senza
fughe in avanti, senza nostalgie del passato. E mentre si cammina si parla, ci si
conosce, ci si racconta gli uni agli altri, si cresce nell’essere famiglia. Qui chiediamoci:
come camminiamo? Come cammina la nostra realtà diocesana? Cammina insieme? E che cosa
faccio io perché essa cammini veramente insieme? Io non vorrei entrare qui nell’argomento
delle chiacchiere, però voi sapete che le chiacchiere dividono sempre, no? [applausi]”.
Dopo
l’ascoltare e il camminare – ha detto il Papa – “il terzo aspetto è quello missionario:
annunciare fino alle periferie. Anche questo l’ho preso da voi, dai vostri
progetti pastorali. Il vescovo ne ha parlato, recentemente. Ma voglio sottolinearlo,
anche perché è un elemento che ho vissuto molto quando ero a Buenos Aires: l’importanza
di uscire per andare incontro all’altro, nelle periferie, che sono luoghi, ma sono
soprattutto persone in situazioni di vita speciale. E’ il caso della diocesi che avevo
prima, quella di Buenos Aires: una periferia che mi faceva tanto male, era trovare
nelle famiglie di classe media, bambini che non sapevano farsi il segno della Croce.
Ma, questa è una periferia, eh? E io vi domando: qui, in questa diocesi, ci sono bambini
che non sanno farsi il segno della croce? Pensateci. Ma, queste sono vere periferie
esistenziali, dove Dio non c’è”.
Il Papa ha poi detto che “le periferie di
questa diocesi, per esempio, sono le zone della Diocesi che rischiano di essere ai
margini, fuori dai fasci di luce dei riflettori. Ma sono anche persone, realtà umane
di fatto emarginate, disprezzate. Sono persone che magari si trovano fisicamente vicine
al “centro”, ma spiritualmente sono lontane. Non abbiate paura di uscire e andare
incontro a queste persone, a queste situazioni. Non lasciatevi bloccare da pregiudizi,
da abitudini, rigidità mentali o pastorali, dal famoso “si è sempre fatto così!”.
Ma si può andare alle periferie solo se si porta la Parola di Dio nel cuore e si cammina
con la Chiesa, come san Francesco. Altrimenti portiamo noi stessi, non la Parola di
Dio, e questo non è buono, non serve a nessuno! Non siamo noi che salviamo il mondo:
è proprio il Signore che lo salva!”.
E ha concluso: “Ecco, cari amici, non
vi ho dato ricette nuove. Non le ho, e non credete a chi dice di averle: non ci sono.
Ma ho trovato nel cammino della vostra Chiesa aspetti belli e importanti che vanno
fatti crescere e voglio confermarvi in essi. Ascoltare la Parola, camminare insieme
in fraternità, annunciare il Vangelo nelle periferie! Il Signore vi benedica, la Madonna
vi protegga, e san Francesco vi aiuti tutti a vivere la gioia di essere discepoli
del Signore!”.