La visita del Papa nella Basilica di Santa Chiara: l'attesa delle clarisse
In una visita sulle orme di San Francesco, non poteva mancare la sosta alla Basilica
di Santa Chiara che custodisce le spoglie della prima discepola di Francesco, che
il Papa venererà, e che conserva il crocifisso di San Damiano che parlò al giovane
assisiate convertendolo. Proprio nella cappella del Crocifisso il Papa incontrerà
la piccola comunità che da oltre settecento anni vive l’amore a Dio in povertà e clausura
e che lo attende con particolare emozione, come spiega al microfono di Gabriella
Ceraso, la vicaria del proto monastero, suor Chiara Agnese:
R. – Ci stiamo
preparando innanzitutto con un senso di grande gratitudine e di gioia. Siamo in attesa
anche di sentire che cosa il Papa vorrà dire a noi proprio come figlie di Chiara.
Pensiamo che sarà una parola forte, anche molto esigente. Sinceramente è poi fonte
di grande emozione pensare alla gioia che Chiara, che è presente nelle sue sacre spoglie,
proverà nell’incontrare il primo Papa che nella storia porta il nome del suo padre
Francesco. Pensare a questo, per noi, è come un sogno e credo che lo sia anche per
lei.
D. – Suor Agnese, che idea vi siete fatte di questi primi mesi di Pontificato
di Papa Francesco?
R. – Mi sembra che Papa Francesco stia mostrando alla Chiesa
e al mondo il volto misericordioso di “Dio Padre”, come ha detto, un Padre che vuole
curare le ferite dei suoi figli. E poi ci sta ricordando, in modo molto efficace,
che nella sua semplicità il Vangelo è veramente la forma di vita.
D. – Cosa
– lo vogliamo ricordare – rappresenta Chiara nel francescanesimo?
R. – Chiara
ha espresso in una modalità tutta femminile la conoscenza di Gesù povero e crocifisso
appresa da Francesco. Possiamo dire che se in Francesco prevale la dimensione dell’andare,
in Chiara – invece – prevale la dimensione del rimanere, dello stare. Ma sappiamo
bene che sono due dimensioni che non si escludono, l’una ha bisogno dell’altra.
D.
– C’è un’altra cosa molto preziosa che voi custodite, che è il Crocifisso di San Damiano.
Il Papa si fermerà a pregare davanti a questo Crocifisso. Che cosa significa per voi
custodire questo Crocifisso che per Francesco è stato l’inizio di tutto?
R.
– Più che noi custodiamo il Crocifisso di San Damiano, è lui che custodisce noi. Francesco
si sentì preso totalmente dal Signore e quello – come dicevi – fu l’inizio della storia
vocazionale: fu come una scintilla di amore che non lo lasciò mai più. Quindi per
noi custodire il Crocifisso di San Damiano significa custodire la memoria di questo
incontro, di questo incontro d’amore tra Francesco e il Crocifisso. Nello stesso tempo
è anche custodire il mandato che il Crocifisso affidò a Francesco: “ Va e ripara la
mia casa”. Quindi è per noi anche una missione. Penso che la prima casa del Signore
da riparare è la vita di ognuna di noi, dove anche noi sperimentiamo quelle – come
dice il Papa – “periferie esistenziali” del cuore, che attendono di essere evangelizzate,
risanate dall’amore di Cristo. La nostra prima missione come contemplative penso sia
proprio quella di lasciarci amare dalla misericordia di Dio e accogliere fino in fondo,
in noi, il dono della salvezza.