Napolitano su Lampedusa: reagire all'orrore, verificare se norme ostacolano accoglienza
La tragedia di Lampedusa ha profondamente impressionato il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano. In un collegamento con la stazione spaziale internazionale,
il Capo dello Stato ha detto che ''molte cose dobbiamo fare tutti insieme, ciascuno
nel suo ambito di responsabilità''. Ma Napolitano ha voluto approfondire questi temi
ai microfoni della nostra emittente. Sentiamolo intervistato da Alessandro Guarasci:
D. – Signor
presidente, a Lampedusa, una tragedia tremenda. Le norme europee e italiane mostrano
dei limiti, secondo lei, in questo momento? Bisogna guardare oltre?
R. – Innanzitutto,
bisogna reagire e agire. Non ci sono termini abbastanza forti per indicare anche il
nostro sentimento di fronte alla tragedia di questa mattina. Papa Francesco ha detto:
“Vergogna”, io posso aggiungere: “Vergogna e orrore”, e tuttavia assolutamente non
si può soltanto, di volta in volta, restare a questa denuncia o a questa espressione
di sentimenti profondi di rifiuto del possibile ripetersi cronicamente di queste tragedie.
C’è una questione di norme, lei domanda: credo che una delle verifiche che vadano
rapidamente fatte è quali norme di legge ci sono che fanno ostacolo ad una politica
dell’accoglienza, degna del nostro Paese e rispondente a principi fondamentali di
umanità e solidarietà. Se ci sono state negli anni delle scelte che hanno introdotto
nel nostro ordinamento norme che impediscono un più chiaro dispiegamento di questa
azione di salvataggio e di solidarietà umana, queste debbono essere modificate. Però,
non è solo questione di norme: è questione di mezzi, è questione di interventi, è
questione di responsabilità ed è un discorso che non può assolutamente essere solo
italiano, deve essere allo stesso tempo almeno europeo.
D. – I lampedusani
hanno dato una grande prova di accoglienza. Lei è rimasto impressionato?
R.
– Io sono rimasto molto impressionato da tutte le prove di accoglienza che ha dato
la popolazione di Lampedusa, da tutte le prove di accoglienza che hanno dato anche
altre comunità quando, per esempio, abbiamo avuto questo moto generoso di bagnanti
che sono scesi in acqua a raccogliere profughi che rischiavano di perdere la vita…
E’, poi, fondamentale l’impegno della nostra Marina Militare e della nostra Guardia
costiera, della nostra Guardia di Finanza, cioè delle forze dello Stato che si impegnano
con tutti i mezzi a loro disposizione. Intanto, possiamo anche accrescere i mezzi
da mettere a disposizione di queste forze: si tratti di più elicotteri, si tratti
di più mezzi navali. Poi, ripeto, non può bastare soltanto l’impegno italiano, ci
vuole almeno un impegno europeo. Dico almeno perché è una questione tale da toccare
tutta la comunità internazionale. C’è un tale intreccio tra questi flussi di emigranti
e di richiedenti asilo che arrivano in Italia e in altri Paesi europei, e il quadro
internazionale, il quadro delle situazioni e dei conflitti in varie aree – noi siamo
soprattutto vicini, oggi, sia all’area del Nord Africa, sia all’area della Siria e
dei Paesi confinanti con la Siria, che occorre una visione globale che non può che
avere il suo centro nelle Nazioni Unite. Occorre una politica europea dell’immigrazione
e dell’asilo: penso che si confondano troppo spesso questi due aspetti. Una cosa è
chi cerca di raggiungere l’Italia e l’Europa per trovare un lavoro e vivere meglio
– quindi, certamente sfugge a condizioni di vita difficili – ma è cosa diversa da
chi fugge drammaticamente da Paesi un guerra o da regimi oppressivi.