A Roma in mostra "I tesori di San Francesco a Ripa"
Inaugurata a Roma alla presenza del cardinale Angelo Comastri, vicario generale del
Papa per lo Stato della Città del Vaticano, la mostra “I tesori di San Francesco a
Ripa”. L’esposizione allestita in occasione dell’Anno della Fede ha sede nell’unica
casa del Poverello d’Assisi a Roma, che oltre alla Cella del Santo custodisce un ricco
e antico patrimonio di oggetti sacri, tra cui 293 autentiche di reliquie e preziosi
paramenti sacri restaurati per l’occasione. Ne abbiamo parlato con lo storico dell’arte,
Gianfrancesco Solferino, conservatore della chiesa di San Francesco a Ripa:
R. – San Francesco
a Ripa è stata la prima casa romana del Santo di Assisi ed è uno tra i più importanti
insediamenti francescani nella storia. Il Santo fu qui dal 1209 in poi. Era un luogo
molto povero, abbandonato, dove san Francesco in realtà curava i lebbrosi. Qui, sorse
la prima cellula dell’ordine a Roma e lentamente, con il passare dei secoli, divenne
uno dei conventi più importanti anche perché, nella seconda metà del ‘500, fu destinato
a Procura generale della riforma dei Frati minori. Tutta la Chiesa è un gioiello che
parla di arte, di pietà e di fede fioriti intorno alla figura di Francesco e dei suoi
figli più illustri.
D. – Questo patrimonio, in particolare quello che concerne
gli oggetti sacri, viene esposto in mostra in questi giorni…
R. – Siamo riusciti
a restaurare delle opere molto importanti che erano in stato di deperimento da molto
tempo. Mi riferisco, in particolare, ad un parato molto prezioso; un parato del ‘700
ricamato in Calabria. Pur essendo aniconico - un ricamo senza immagini, senza figure
-, racconta però, attraverso la ricchissima simbologia floreale, il rapporto strettissimo
che c’è tra Cristo e la Vergine Maria nella storia della salvezza e quindi inneggia
alla figura di Maria Immacolata. Abbiamo potuto restaurare anche una serie di autentiche,
che vanno a testimoniare l’autenticità delle reliquie poste alla devozione dei fedeli.
San Francesco a Ripa è, per tradizione, la terza chiesa dell’urbe che custodisce il
maggiore quantitativo di reliquie illustri della cristianità dopo il Vaticano e il
Gesù. Queste carte, molte delle quali sciupate, rovinate dal passare del tempo, sono
state restaurate e rimesse insieme alle teche originali delle reliquie. Quindi è stato
un recupero importantissimo!
D. – Il visitatore della mostra “I tesori di san
Francesco a Ripa”, oltre ad un’esperienza estetica, è anche chiamato a vivere un’esperienza
spirituale, attraverso la venerazione di queste reliquie…
R. – Lei dice molto
bene. Questo è forse il grande segreto della mostra. È anche un modo per rimandare
non soltanto al sublime valore dell’arte, che è uno strumento potentissimo e meraviglioso
per avvicinarsi a Dio, ma è anche un modo per suggerire un itinerario spirituale,
quindi leggere la grandezza della fede attraverso le testimonianze ispirate dalla
fede per dire che la santità è una cosa che si può sperimentare quotidianamente. Potrebbe
essere un modo, anche per chi non crede, di accostarsi - se vogliamo - a questa realtà
meravigliosa, spettacolare della fede cattolica.
D. – Puntate al restauro della
cella dove il poverello di Assisi soggiornò più volte a Roma?
R. – Sì, questo
è un piccolo grande sogno perché qui san Francesco curava gli appestati, ma soprattutto
i lebbrosi. Aveva questo rapporto, questo legame fondamentale con i malati, attraverso
i quali vedeva Gesù Cristo. Qui san Francesco ha sperimentato ancora una volta quello
che fu poi l’inizio della sua vocazione: l’abbraccio con il sofferente, con il lebbroso.
Tant’è vero che questo è un luogo che, da qualche anno a questa parte, si è aperto
all’accoglienza delle persone più disagiate. C’è un percorso, un cammino avviato dalla
comunità francescana per ridare, seppur temporaneamente, una casa attraverso la cui
ospitalità ripartire per ridare un vita normale a chi è svantaggiato, a chi è in difficoltà,
a chi è senza casa da tempo. Pensare di restaurare questa cella, che è l’ultima grande
testimonianza della sua presenza a Roma, è un po’ come riportare all’antico splendore
questa memoria viva di san Francesco nell’urbe.