Niente intesa al Congresso Usa sul finanziamento della macchina statale. Obama: non
cedo ai ricatti
Nessuna intesa al Congresso degli Stati Uniti sul finanziamento della macchina statale;
un blocco di fondi che causa il cosiddetto “shutdown” e che lascia senza stipendio
circa 800 mila lavoratori statali. Si tratta di una conseguenza del muro contro muro
tra Casa Bianca e Partito Repubblicano sul budget, anche se il vero scontro è sulla
riforma sanitaria. Obama ha detto che ''bisogna riaprire il governo e non cedere al
ricatto di una parte dei repubblicani''e che un default sarebbe la chiusura dell'economia
americana. Il Grand Old Party, che ha la maggioranza alla Camera, ha infatti
deciso di bloccare ogni finanziamento alla controversa “Obamacare”, proponendo un
via libera ai fondi a patto che si ritardasse di un anno l'entrata in vigore della
riforma, prevista proprio oggi, primo ottobre. Salvatore Sabatino ha chiesto
all’economista Angelo Baglioni quali sono le conseguenze di un blocco del genere
sull’intera economia americana:
R. – Questo
blocco di 800 mila stipendi ha un effetto recessivo molto pesante, perché possiamo
pensare, naturalmente, ad una quantità di famiglie che improvvisamente si troveranno
a dover contrarre notevolmente i loro consumi. Quindi si spera sia una situazione
per la quale venga trovata presto una soluzione. Altrimenti, c’è chi ha calcolato
che se dovesse prolungarsi per mesi questa situazione, fino alla fine di quest’anno,
potrebbe costare addirittura oltre un punto di Pil nel quarto trimestre di quest’anno.
D. – Per evitare tutto questo, quali sono i margini di manovra del Congresso
e della Casa Bianca?
R. – Insomma, il pomo della discordia, com’è noto,
è quello sul programma di assistenza sanitaria. Da oggi stesso parte questo programma,
sul quale però c’è un grosso scontro tra repubblicani e democratici. Si tratta, quindi,
di trovare un compromesso su questo.
D. – Poi ci sono ovviamente dei rischi
ancora maggiori. Se il Congresso non dovesse ritrovare la via della mediazione, a
saltare sarà addirittura l’accordo sul tetto del debito e, secondo il Tesoro, dopo
il 17 ottobre, gli Stati Uniti sarebbero esposti al fallimento tecnico. E’ d’accordo
con questa analisi?
R. – Purtroppo sì, nel senso che sfortunatamente c’è questa
coincidenza sia di questo mancato accordo sul budget annuale, che dovrebbe partire
appunto oggi con il nuovo anno fiscale, e sia sul famoso tetto sul debito, nel senso
che, com’è noto, negli Stati Uniti, quando il debito pubblico cresce, il Congresso
deve periodicamente autorizzare il Tesoro ad emettere il nuovo debito, o meglio oltrepassare
un certo tetto di debito. La mancanza di un accordo nei prossimi giorni sostanzialmente
causerebbe il fatto che il Tesoro americano, non potendo emettere ulteriore debito,
si troverebbe in ulteriore difficoltà a pagare i propri dipendenti ed anche a rinnovare
il debito in scadenza. Ci sarebbe, quindi, il cosiddetto default tecnico, che
è molto differente da un default che succede quando un governo non ha più la
fiducia dei mercati. Non si tratta di questo naturalmente, si tratta del fatto che
il Tesoro non avrebbe tecnicamente la possibilità di emettere ulteriore debito.
D.
– Questo ovviamente causerebbe quello che gli esperti presagiscono, cioè un effetto
domino poi sull’intera economia mondiale...
R. – Sì, naturalmente – come dicevo
- non si tratta di un default vero e proprio, dovuto ad una mancanza di merito,
di credito, ad una mancanza di fiducia nei mercati. Naturalmente, però, sarebbe un
evento che metterebbe un grave disordine finanziario nel panorama mondiale, che si
aggiungerebbe ai problemi sul debito sovrano, che hanno molti Paesi, soprattutto in
Europa, ed anche l’Italia fra l’altro. Ovviamente, quindi, anche per un Paese come
l’Italia è molto pericoloso che si aggiunga un motivo di tensione nel mercato dei
titoli pubblici.
D. – Gli Stati Uniti sono, dunque, a rischio paralisi proprio
nel momento in cui sembra insomma che abbia cominciato a soffiare il vento della ripresa...
R.
– Sì, gli Stati Uniti appunto sembrano avviati su una via di una ripresa, pur sempre
debole e incerta, però comunque più robusta di quella europea, sicuramente molto più
robusta. In realtà anche lì c’è molta prudenza da parte delle autorità, da parte della
Banca Centrale, in particolare. Come si ricorderà, nell’ultima riunione, la Federal
Reserve ha sostanzialmente rinviato il famoso tapering, cioè l’uscita dai
programmi di politica monetaria eccezionale, non convenzionale. Questa sorta di stretta
monetaria è stata ulteriormente rinviata di fronte a segnali ancora, tutto sommato,
contraddittori dal punto di vista della congiuntura.