Colloquio in Vaticano tra Francesco e Scalfari: aprire a cultura moderna e superare
visione Vaticano-centrica
“Il Papa: così cambierò la Chiesa”. E’ il titolo a tutta pagina del quotidiano “La
Repubblica” ieri in edicola, che riporta a firma di Eugenio Scalfari il colloquio
- avvenuto martedì scorso 24 settembre nella residenza di Santa Marta, in Vaticano
- tra il fondatore di Repubblica e Papa Francesco dopo lo scambio di lettere tra i
due improntato sulla fede, sul ruolo della Chiesa nel mondo e sul dialogo e punti
di contatto tra credenti e non credenti, temi che ritornano in questo incontro. Il
servizio di Roberta Gisotti:
“Il nostro
obiettivo non è il proselitismo” - “una solenne sciocchezza” che “non ha senso” -
ma “l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle delusioni, della disperazione, della
speranza”. Così Papa Francesco, a colloquio con Scalfari, ribadisce che “l’ideale
di una Chiesa missionaria e povera – incarnato da San Francesco 800 anni fa - rimane
più che valido” oggi per “ridare speranza ai giovani, aiutare i vecchi, aprire verso
il futuro, diffondere l’amore”. “Poveri tra i poveri. – spiega il Papa – Dobbiamo
includere gli esclusi e predicare la pace”. Questa è “la Chiesa che hanno predicato
Gesù e i suoi discepoli”. Per questo il Vaticano II “decise” “di aprire alla cultura
moderna”, questo “significava” – come i padri conciliari sapevano – “ecumenismo religioso
e dialogo con i non credenti”. Ma “dopo di allora – denuncia il Papa – fu fatto molto
poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare”, conclude
con questa frase il suo incontro. Ma prima affronta molte altre questioni sollecitato
da tante domande di Scalfari, anzitutto sull’idea di “Bene” e di “Male” e sull’autonomia
della “coscienza”. “Il mondo è percorso da strade – ha osservato il Papa - che riavvicinano
e allontanano, ma l’importante è che portino verso il Bene” E se “ciascuno ha una
sua idea di Bene e del Male”, “deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male”:
“basterebbe questo per migliorare il mondo”. E “la Chiesa lo sta facendo?”, chiede
Scalfari. “Sì - risponde Francesco – le nostre missioni hanno questo scopo: individuare
i bisogni materiali e immateriali delle persone e cercare di soddisfarli come possiamo”.
Questo “è l’amore per gli altri”, “amore per il prossimo, lievito” per “il bene comune”,
che viene oscurato dal “narcisismo”, una “sorta di disturbo mentale” che colpisce
di più “persone che hanno molto potere”. Anche “i capi della Chiesa – ammette il Papa
- sono stati narcisi, lusingati e malamente eccitati dai loro cortigiani. La corte
è la lebbra del papato”. Non la Curia nel suo complesso – chiarisce Papa Francesco
– ma quella che “negli eserciti è l’intendenza che gestisce i servizi che servono
alla Santa Sede”, che “ha un difetto è Vaticano-centrica”, “cura gli interessi”, “ancora
in gran parte” “temporali del Vaticano e trascura il mondo che ci circonda. Non condivido
questa visione – afferma il Papa – e farò di tutto per cambiarla”, perché la Chiesa
deve “tornare ad essere una comunità del popolo di Dio” e perché “i presbiteri, i
parroci, i vescovi sono al servizio del popolo di Dio.” E “tra i più gravi mali” nel
mondo in questi anni – ammonisce Francesco – sono “la disoccupazione” dei giovani
e “la solitudine” dei vecchi. “Vecchi che hanno bisogno di cure e compagnia” e “giovani
di lavoro e speranza, ma non hanno né l’uno né l’altra, e il guaio è che non li cercano
più”, perché “sono stati schiacciati sul presente”. Ma “si può vivere” – s’interroga
accorato il Papa – senza memoria del passato e senza desiderio di proiettarsi nel
futuro costruendo un progetto, un avvenire, una famiglia? E’ possibile continuare
così?” Questo - raccomanda il Papa - “il problema più urgente” e “più drammatico”
“che la Chiesa ha di fronte a sé”, perché “questa situazione non ferisce solo i corpi
ma anche le anime”. E “la Chiesa deve sentirsi responsabile sia delle anime che dei
corpi.” "Le ricordo - dice il Papa a Scalfari salutandolo - che la Chiesa è femminile".