Siria: raid aereo su Raqqa. Msf denuncia il collasso del sistema sanitario nel Paese
In Siria, un caccia delle forze aeree lealiste ha colpito un liceo nella provincia
settentrionale di Raqqa, uccidendo 13 persone, in maggioranza studenti della scuola.
E' quanto ha denunciato ieri l'Osservatorio siriano per i diritti umani. Intanto,
a proposito della Risoluzione contro le armi chimiche approvata dal Consiglio di sicurezza,
il presidente Assad, intervistato da Rainews, ha confermato la decisione di aderire
all’accordo. In Siria sono al lavoro da mercoledì scorso, e ieri hanno iniziato nuovi
sopralluoghi, gli esperti dell'Onu che indagano sull'uso di armi chimiche nel Paese.
Le
parti in conflitto in Siria e i loro alleati collaborino per rimuovere il blocco umanitario
che impedisce di portare aiuti alle persone. In una lettera aperta, Medici Senza Frontiere
sollecita un rapido intervento per supplire ad un sistema sanitario ormai incapace
di rispondere ai bisogni di una popolazione stremata dalla guerra e alla quale mancano
ormai totalmente sia l’assistenza medica sia i farmaci essenziali. Francesca Sabatinelli
ha intervistato Gabriele Eminente, direttore generale di MSF Italia:
R. – Nonostante
gli sforzi, sicuramente meritori, promossi dalle Nazioni Unite, e nonostante i risultati,
inaspettati fino a qualche giorno fa, raggiunti all’interno dello stesso Consiglio
di Sicurezza, comunque c’è un tema che è assente dalle decisioni recentemente prese:
quello dell’assistenza umanitaria a milioni di siriani, che purtroppo continuano a
subire le conseguenze della guerra.
D. – Tali richieste Medici senza Frontiere
le sollecita nel contesto di ogni conflitto. Quello siriano si sta caratterizzando
per qualcosa in particolare dal punto di vista umanitario?
R. – Sicuramente
si sta caratterizzando per il peggioramento, che nel corso del conflitto stesso abbiamo
registrato. Noi lo vediamo, perché molti degli operatori umanitari italiani sono passati
su progetti siriani negli ultimi due anni, e verifichiamo che quelli che rientrano
ci raccontano di una situazione che è decisamente molto peggiore rispetto a quella
che c’era l’anno scorso. Uno degli elementi, forse l’elemento principale, che appunto
ha portato a questo peggioramento, è il blocco di fatto posto da entrambe le parti
in conflitto rispetto agli aiuti umanitari. Ed è questa la ragione per cui noi ci
appelliamo alle parti in conflitto, ma ci appelliamo anche, soprattutto, in questo
momento, agli Stati, ai Paesi, che li supportano rispettivamente. Quindi, da un lato,
la Russia e l’Iran, per quanto riguarda il governo siriano, ma al tempo stesso, la
stessa richiesta la facciamo anche a quei Paesi, come gli Stati Uniti, la Turchia,
il Qatar, l’Arabia Saudita, che invece supportano in maniera più o meno diretta gruppi
armati di opposizione.
D. – Voi denunciate la totale mancanza di farmaci. Quali
sono le ricadute? Addirittura avete evidenziato il ricomparire di malattie ormai praticamente
debellate…
R. – Esattamente. Parliamo di un Paese che, sino a due anni fa,
aveva un sistema sanitario, e un livello di servizio sanitario, comparabile a quello
di molti Paesi europei. Alcune malattie, pensiamo a malattie che colpiscono soprattutto
l’infanzia, erano state dimenticate o comunque non erano più pericolose, perché vi
era un servizio di vaccinazione attivo, con una copertura pressoché totale della popolazione.
Tutto questo sistema è completamente collassato: 91 ospedali in Siria, 55 di questi
oggi sono stati seriamente danneggiati o addirittura completamente distrutti. Talvolta
gli ospedali stessi sono oggetto di attacchi da parte di una delle parti in conflitto.
Malattie come il morbillo, che non spaventavano più nessuno qualche tempo fa, sono
diventate di nuovo malattie pericolose, come accade nei Paesi più disastrati dell’Africa
sub-sahariana.
D. – Il collasso del sistema sanitario colpisce ovviamente le
categorie più deboli: bambini, donne in gravidanza. Oltretutto ci avvicina all’inverno.
Quali le preoccupazioni?
R. – La paura vale certamente per le categorie più
vulnerabili, ma in realtà vale per tutta la popolazione siriana. Se non viene rimosso
il blocco umanitario, la situazione non può che peggiorare, anche a causa dell’impatto
delle condizioni climatiche. E’, quindi, assolutamente urgente rimuovere questo blocco,
che continua a fare vittime. Ripeto, nonostante l’importanza dei risultati diplomatici
ottenuti negli ultimi giorni, è più importante e cruciale che gli stessi sforzi diplomatici
siano rivolti proprio a rimuovere questo blocco e a permettere di nuovo l’arrivo di
assistenza umanitaria a milioni di siriani.
D. – Medici senza Frontiere sta
continuando la sua attività in Siria in mezzo a tante difficoltà. Riuscite a lavorare?
R.
– Noi siamo presenti innanzitutto nel Nord del Paese con sei ospedali e due strutture
ambulatoriali , quindi nell’area in qualche modo controllata da gruppi di opposizione.
In queste strutture stiamo effettuando circa 100 mila visite al mese e registriamo
più o meno 430 interventi chirurgici, sempre nel corso di ogni mese. Nel rispetto
del nostro principio di neutralità abbiamo ovviamente fatto forti pressioni sul governo
di Damasco, per potere essere presenti anche in altre aree del Paese, in particolare
in quelle che invece sono controllate dal governo stesso. Questa possibilità non c’è
stata data e quindi purtroppo non siamo presenti altrove, oltre che al Nord, quantomeno
direttamente. Siamo invece costantemente in contatto con almeno 28 ospedali e un numero
ancora maggiore, oltre 50 cliniche, che invece sono nel resto del Paese, che seguiamo
da fuori, per quanto c’è possibile, per supportarli. Questa è la nostra presenza.
In questo momento la Siria è uno dei contesti per noi più importanti e più impegnativi,
ma è soprattutto importante che organizzazioni come la nostra, così come la Croce
Rossa internazionale, le Nazioni Unite, vengano messe nelle condizioni di fare il
lavoro, cosa che in questo momento non è garantita.