Il Papa ai catechisti: chi non coltiva la "memoria di Dio" si disumanizza. All'Angelus
preghiera di pace per la Siria
Il catechista è colui che alimenta e risveglia negli altri "la memoria di Dio", senza
la quale un essere umano - non escluso un cristiano - rischia di svuotarsi e di diventare
simile al ricco del Vangelo, incapace che di pensare a se stesso. E' il concetto di
fondo dell'omelia che Papa Francesco ha pronunciato ieri mattina alla Messa per la
Giornata dei catechisti, giunti da tutto il mondo per celebrare l'Anno della Fede.
Piazza San Pietro e Via della Conciliazione hanno raccolto 100 mila persone. Il servizio
di Alessandro De Carolis:
L’attacco dell’omelia
tocca subito il tasto sul quale Papa Francesco batte da giorni: cosa succede se un
cristiano – come il ricco del Vangelo ricordato dalla liturgia domenicale – si compiace
solo del suo benessere ignorando i tanti Lazzaro che gli chiedono un aiuto? La domanda
aleggia per qualche istante nel cielo di Roma, scuro e presago di pioggia, che sembra
in sintonia col tono insolitamente grave col quale il Papa sviluppa la sua riflessione.
Poco prima, nella Piazza S. Pietro gremita da una folla superiore alle 100 mila persone,
è risuonato il monito del profeta Amos: “Guai agli spensierati di Sion” che “mangiano,
bevono, cantano, si divertono e non si curano dei problemi degli altri”. Questa è
gente, commenta il Papa, che sta sull’orlo di un abisso di disumanizzazione:
“Se
le cose, il denaro, la mondanità diventano centro della vita ci afferrano, ci possiedono
e noi perdiamo la nostra stessa identità di uomini. Guardate bene: il ricco del Vangelo
non ha nome, è semplicemente ‘un ricco’. Le cose, ciò che possiede sono il suo volto,
non ne ha altri”.
Questi esseri spersonalizzati, che si sono fatti rubare
l’umanità dalle cose che possiedono, hanno – osserva Papa Francesco – un deficit comune,
l’aver perso “la memoria di Dio”:
“Se manca la memoria di Dio, tutto si
appiattisce, tutto va sull’io, sul mio benessere. La vita, il mondo, gli altri, perdono
la consistenza, non contano più nulla, tutto si riduce a una sola dimensione: l’avere.
Se perdiamo la memoria di Dio, anche noi stessi perdiamo consistenza, anche noi ci
svuotiamo, perdiamo il nostro volto come il ricco del Vangelo! Chi corre dietro al
nulla diventa lui stesso nullità – dice un altro grande profeta, Geremia. Noi siamo
fatti a immagine e somiglianza di Dio, non a immagine e somiglianza delle cose, degli
idoli!”.
In questo contrasto di opposti, emerge ben delineata la figura
del catechista, che altri non è che colui o colei – asserisce Papa Francesco – “che
custodisce e alimenta la memoria di Dio”, facendosi guidare da essa e risvegliandola
negli altri. Il suo modello, indica, è Maria che dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo
“non pensa all’onore, al prestigio”, ma parte per aiutare la cugina Elisabetta e levando
il suo Magnificat fa “memoria dell’agire di Dio” avvenuto nella sua vita:
“Il
catechista è proprio un cristiano che mette questa memoria al servizio dell’annuncio;
non per farsi vedere, non per parlare di sé, ma per parlare di Dio, del suo amore,
della sua fedeltà. Parlare e trasmettere tutto quello che Dio ha rivelato, cioè la
dottrina nella sua totalità, senza tagliare né aggiungere”.
“Lo stesso
Catechismo – osserva Papa Francesco – che cos’è se non memoria di Dio, memoria della
sua azione nella storia, del suo essersi fatto vicino a noi in Cristo, presente nella
sua Parola, nei Sacramenti, nella sua Chiesa, nel suo amore?”. Così, l’identikit del
catechista che traccia al termine Papa Francesco è in solare antitesi al ricco del
Vangelo e alla sua indifferenza spietata verso il povero Lazzaro:
“Il catechista
è uomo della memoria di Dio se ha un costante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo;
se è uomo di fede, che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se
è uomo di carità, di amore, che vede tutti come fratelli; se è uomo di “hypomoné”,
di pazienza, di perseveranza, che sa affrontare le difficoltà, le prove, gli insuccessi,
con serenità e speranza nel Signore; se è uomo mite, capace di comprensione e di misericordia”.
Prima della benedizione finale, l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente
del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, ha presentato al Papa le catechiste
e i catechisti giunti a Roma da ogni latitudine – dal Vietnam come da Haiti, dalla
Siria alla Nigeria – i quali, ha affermato, sono il “segno tangibile che il cristianesimo
è vivo e continua a essere annunciato”.
Quindi, l’Angelus, recitato in Piazza
San Pietro qualche minuto prima di mezzogiorno, ha chiuso la celebrazione, preceduto
da alcuni saluti particolari di Papa Francesco, uno dei quali è stato sottolineato
da un largo applauso:
“Un saluto particolare rivolgo al mio fratello, Sua
Beatitudine Youhanna X, Patriarca greco ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente.
La sua presenza ci invita a pregare ancora una volta per la pace in Siria e nel Medio
Oriente”.