2013-09-28 14:17:28

Il "disgelo" tra Teheran e Washington. L'opinione di Negri: speranze per la regione


In Iran, la notizia del "disgelo" tra i due Paesi è stata accolta molto favorevolmente, non solo dalla stampa riformista. Un sms circolato a Teheran in queste ore, parla di Rohani come di un “coraggioso presidente”, esortando gli abitanti della capitale a recarsi all’aeroporto per accogliere il leader di rientro da New York. Sulla valenza della ripresa dei contatti con gli Stati Uniti, Eugenio Bonanata ha intervistato Alberto Negri, inviato speciale de Il Sole 24 Ore:RealAudioMP3

R. - Ora bisogna ragionare e chiedersi quanto ci vuole e cosa ci vuole per fare la pace tra Iran e Stati Uniti. Occorre una buona dose di realpolitik e di reciproca fiducia dopo decenni di insanabili diffidenze perché la rottura è durata tantissimo tempo e, come tutti sanno, una ripresa dei negoziati sul nucleare sarà decisiva. Obama si è detto disposto ad alleggerire le sanzioni nel caso gli iraniani diano finalmente via libera all’ispezione dell’Onu, chiudano una delle loro installazioni - quella più segreta, che si trova a Fordow vicino a Qom - e poi, in qualche modo, rinuncino in maniere chiara ad eventuali intenzioni e finalità militari del loro programma nucleare civile.

D. - Tutto questo però è ancora da vedere …

R. - Il negoziato riprende tra il 15 e il 16 di ottobre a Ginevra. In parte, la strada era già stata spianata l’altro giorno con l’incontro che c’è stato tra il cosiddetto 5+1 e l’Iran, durante il quale il segretario di Stato americano Kerry era seduto affianco al ministro iraniano, Javad Zarif. Già in questa riunione si è capito che si potrà entrare presto nel concreto. Gli iraniani hanno detto - e lo ha confermato lo stesso presidente Rohani in varie interviste in questi giorni - che l’obbiettivo è concludere un negoziato entro un anno. E forse ancora prima. Perché ancora prima? Perché le sanzioni - sappiamo - stanno condizionando e soffocando l’economia iraniana. Vi do alcune cifre: l’Iran fino all’anno scorso esportava due milioni e mezzo di barili di petrolio, oggi le sanzioni petrolifere li hanno ridotti della metà: un milione di barili. E poi la disoccupazione è alta e l’inflazione sale. In queste condizioni, anche gli iraniani hanno bisogno di un’intesa con gli Stati Uniti.

D. - C’è da essere ottimisti sull’esito dei negoziati?

R. - C’è da essere realisti. La rottura diplomatica tra Teheran e gli Stati Uniti è durata 34 anni, dalla rivoluzione del ’79. Non si può pensare che tutti gli ostacoli e le reciproche diffidenze vengano superate con una telefonata o in una notte di trattative. Ci vorrà del tempo. Però, è chiaro che questa può essere una svolta storica non solo per il Medio Oriente, ma anche oltre tutta questa regione. È anche una speranza per il futuro. Insomma: si fanno i conti con la storia, ma si cerca anche di dare una speranza alle future generazioni.

D. - Quali conseguenze può avere nell’area mediorientale questo disgelo avviato?

R. - Anzitutto, bisogna concentrarsi sugli alleati degli americani? Gli Stati Uniti per avviare questo disgelo devono superare la forte ostilità di Israele ad aprire dei negoziati con un Paese come l’Iran, che loro ritengono un nemico acerrimo. Non solo, ma ci sono delle differenze soprattutto da parte degli arabi sunniti, in particolare delle monarchie petrolifere del Golfo, che hanno sempre guardato con sospetto e con diffidenza gli sciiti iraniani. Insomma, non si tratta soltanto di trattare sul nucleare o sulle sanzioni, ma si tratta anche si rimuovere quel macigno di diffidenza culturale e politica che per più di 30 anni ha avvolto questa regione.







All the contents on this site are copyrighted ©.