Congresso sulla catechesi in Vaticano, l'intervento di mons. Sequeri. Oggi l'incontro
col Papa
Papa Francesco incontra oggi alle 17.00 i partecipanti al Congresso Internazionale
sulla Catechesi organizzato nell'Aula Paolo VI, in Vaticano, nell’ambito dell’Anno
delle Fede. Un evento che vuole fare il punto sui metodi e i linguaggi da usare per
trasmettere la fede alle nuove generazioni. Stamani è intervenuto mons. Pierangelo
Sequeri, preside della Facoltà teologica dell'Italia settentrionale. Antonella
Palermo gli ha chiesto quali consigli dare ai catechisti di oggi:
R. – Il catechista
invece di scegliere soltanto, per esempio, la frase che gli serve perché deve spiegare
un’idea, si ricordi qual è la scena che rende comprensibili i Vangeli e intorno alla
quale, appunto, i Vangeli parlano: Gesù, i discepoli, la folla. Quindi si ricordi
che lui non parla né per dire semplicemente le cose che ha detto Gesù, perché se si
dimentica i discepoli e la folla si dimentica il contesto che le fanno capire; non
parla semplicemente per i discepoli, perché se la catechesi non è capace di parlare
anche alla folla delle samaritane, dei pubblicani e di quant’altro, non ne succede
niente, Gesù non lo fece; e non parla semplicemente alla folla, perché senta quello
che le fa piacere sentire del cristianesimo, perché naturalmente segue passo passo
quello che Gesù dice, quello che ai discepoli viene consegnato. Se tiene fermi questi
tre elementi, può fare il suo discorso in continuità e, passo per passo, rendere comprensibile
quegli aspetti delle parole e dei gesti di Gesù che chiedono di essere spiegati precisamente
perché li si capisca: questo è soprattutto per i discepoli; questo è soprattutto per
le folle; questo è per tutti; questa è una confessione dal cuore di Gesù che gli è
venuta così. Allora tu sai collocare, capisci il testo al suo livello giusto e hai
una lettura continua che trova la chiave della sua comprensione.
Sul linguaggio
della catechesi, ascoltiamo don Carlo Calvaruso, direttore dell’Ufficio catechistico
della Diocesi di Lecce:
R. – Oggi molto
ci giochiamo sui linguaggi e sulla comunicazione. La dottrina c’è, è consolidata.
Anche a 20 anni dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica e poi, nel
nostro Paese, dal progetto catechistico italiano. Occorre mediarlo con nuovi linguaggi.
D. – Ci faccia degli esempi?
R. – Il linguaggio che i bambini e i ragazzi
usano oggi è meno logico e più iconico: loro imparano a comunicare in maniera semplicemente
diversa dalla nostra. Noi non possiamo dire che sia migliore o peggiore: ci nascono,
sono i nativi digitali. Dunque il modo di esprimersi, che è più sintetico, più visivo
e più colorato, e tutti questi linguaggi dovrebbero entrare non solo come tecnica,
ma come nuova forma di narrazione nella catechesi, a partire dalle semplici forme
relazionali, il valorizzare le relazioni in catechesi, contro lo stile scolastico.
Questa
la testimonianza di due catechiste presenti al Congresso:
R. – Io vengo
dalla diocesi di Monreale e mi occupo della catechesi dei ragazzi. Devo dire che riceviamo
una linfa nuova, una vitalità e un desiderio di Dio, soprattutto negli ultimi anni,
veramente importante e rilevante.
R. – Dai bambini si riceve tanto. E’ forse
molto di più quello che loro danno a noi!
D. – In che termini?
R. –
Nei termini della semplicità, nei termini dell’immediatezza delle cose. Per cui viene
la richiesta di un’essenzialità nella vita, nello sguardo dei fatti quotidiani, delle
cose che avvengono quotidianamente. Sono loro che arricchiscono noi.
D. – E
forse, a volte, destabilizzano?
R. – Sì, senz’altro. Questo senz’altro! Ci
pongono continuamente dei dubbi…
D. – Per esempio…
R. – Guardi di tutto.
A proposito della Chiesa, a proposito della sessualità… Tutti i temi che oggi sono
all’ordine del giorno. Soprattutto i ragazzi e gli adolescenti ce li pongono quotidianamente
e vogliono e pretendono delle risposte esaurienti, non sicuramente vaghe. E questo
ci mette alla prova ogni giorno!