Onu: Usa e Iran più vicine. Obama chiede una risoluzione forte per la Siria
Il presidente Usa Barack Obama, intervenendo all’Assemblea generale dell’Onu ha aperto
a Iran e Siria, avvertendo però che Washington attende "azioni trasparenti e verificabili"
per proseguire sulla via della diplomazia. Segnali di distensione pure dal presidente
iraniano Rohani, che oltre a dirsi pronto al dialogo, ha pure riconosciuto l’Olocausto
come “un grande crimine compiuto dai nazisti sugli ebrei”.Da New York, il servizio
di Elena Molinari: Davanti ai leader
mondiali riuniti per l’inaugurazione della 68ma Assemblea generale, il presidente
Usa ha richiamato alle sue responsabilità la comunità internazionale, colpevole, a
suo dire, di non essere stata all’altezza della crisi siriana. Quindi ha avvertito:
gli Stati Uniti preferiscono la pace, ma si riservano il diritto di usare la forza
in Medio Oriente per difendere i loro interessi e le peggiori violazioni dei diritti
umani. Obama poi ha lanciato un appello, soprattutto alla Russia, per "una risoluzione
forte" dell’Onu "per verificare che il regime siriano mantenga i suoi impegni sulla
distruzione delle armi chimiche". E ha annunciato "un ulteriore stanziamento di 340
milioni di dollari" in aiuti umanitari per Damasco. Poi il titolare della Casa Bianca
si e’ rivolto all’Iran, dicendosi "incoraggiato" dalle parole moderate arrivate da
Teheran: ma ha ricordato che per un accordo sul nucleare servono fatti. In risposta,
ieri da Hassan Rohani Obama ha ricevuto nuovi segnali di distensione, ma nessuna proposta
concreta. L’Iran è pronto al dialogo, ha detto il nuovo leader di Teheran nel suo
esordio all’Onu. Ma senza ultimatum né imposizioni. “L’Iran non rappresenta una minaccia
per il mondo o per la sua regione”, ha assicurato il presidente iraniano, prendendo
le distanze dalle minacce lanciate dal suo predecessore Ahmadinejad al Palazzo di
Vetro. In un’intervista Rohani ha persino riconosciuto l’Olocausto come “un grande
crimine compiuto dai nazisti sugli ebrei”. Il nuovo leader iraniano ha però rifiutato
il faccia a faccia con Obama proposto dalla Casa Bianca perché “troppo complicato
in questo momento”.
L'Iran si presenta, dunque, con un nuovo volto al
mondo, fatto soprattutto di aperture e di disgelo con l'Occidente. Come definire questo
nuovo corso della Repubblica Islamica? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Farian
Sabahi, cultore della materia in Storia dei Paesi islamici presso l’Università
di Torino:
R. - E’ un nuovo corso, dove ayatollah e pasdaran fanno di necessità virtù: quindi
la parola d’ordine è pragmatismo, opportunismo, interesse nazionale. Diciamo che le
sanzioni internazionali hanno causato un isolamento dell’Iran e hanno dato un colpo
durissimo all’economia e alla finanza della Repubblica Islamica. Oggi, per l’Iran,
si tratta di rompere questo isolamento, di risollevare l’economia e soprattutto di
salvare la faccia. Quindi, l’importante è che l’Occidente dia un qualche ruolo all’Iran
in Medio Oriente e ci sia rispetto di fatto.
D. - Che tipo di ruolo può svolgere
l’Iran nella crisi siriana, anche in vista della mediazione proposta dallo stesso
Rohani?
R. - Se l’amministrazione Obama è disponibile nei confronti dell’Iran
è perché Rohani non è Ahmadinejad: Rohani è più forte di Ahmadinejad, perché è stato
eletto senza brogli e senza quella repressione durissima che avevamo visto nel 2009;
e, poi, perché è appoggiato da Khamenei - ricordiamo che è il leader supremo a fare
politica estera e politica nucleare in Iran - ma anche perché Washington ha di fatto
bisogno di Teheran per pacificare la Siria e poi anche per pacificare il Libano, l’Iraq
e il Bahrain. Quindi il ruolo dell’Iran sarà fondamentale a Damasco. Resta, però,
da vedere come si muoveranno Israele e i Paesi del Golfo. I Paesi del Golfo sono monarchie
sunnite che si sono riunite nel Consiglio di cooperazione del Golfo e non vedono certo
di buon occhio l’emergere di un accordo tra Teheran e Washington: Teheran è un Paese,
un colosso sciita che fa tanto paura ai Paesi del Golfo, che sono più piccoli e sono
sunniti.