2013-09-25 13:58:54

Due milioni i bambini a rischio fame in Siria. "Save the Children" chiede l'intervento dell'Onu


In Siria, sono almeno due milioni i bambini che combattono la guerra contro la fame. Lo denuncia Save the Children, che ha presentato un rapporto, in occasione dell’apertura dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, alla quale l’organizzazione chiede di intervenire immediatamente. Nel documento, che riporta diverse testimonianze, si racconta dei 7 milioni di abitanti caduti in povertà dall’inizio del conflitto, di come nelle aree rurali di Damasco un bambino su venti sia malnutrito, mentre il 14% sia affetto da malnutrizione grave. Le famiglie, spiega ancora Save the Children, non sono più in grado di produrre o comprare cibo. Francesca Sabatinelli ha intervistato il portavoce in Italia, Filippo Ungaro:RealAudioMP3

R. - Questa guerra va avanti da più di tre anni e la situazione umanitaria è insostenibile. Sostanzialmente all’interno del Paese i rifornimenti di cibo, di acqua potabile e di medicine si stanno rapidamente esaurendo. Ci sono circa tre milioni di bambini in tutto il territorio siriano che hanno bisogno di aiuti e di qualsiasi tipo di assistenza. Questo della fame è un aspetto nuovo che sta colpendo in maniera forte tutta la popolazione civile e in particolare - appunto - i più vulnerabili. Questo oltretutto succede sì nelle aree rurali, ma anche nelle principali città della Siria.

D. - Voi avete fatto un elenco. Damasco, Homs, Aleppo sono città dove le famiglie, le persone, non riescono più ad approvvigionarsi …

R. - I costi dei beni alimentari sono diventati insostenibili. Dall’inizio della guerra sono aumentati del duemila per cento! Sono persone letteralmente incastrate, assediate in queste città, non possono uscire di casa, hanno il timore di essere colpiti dai cecchini che circondano la città o di finire sopra una bomba. Le poche risorse che ci sono, come le risorse d’acqua, ad esempio, quasi sicuramente sono ormai inquinate. Quindi la situazione è veramente drammatica.

D. – Nella vostra denuncia si parla addirittura del rischio che un’intera generazione scompaia…

R. - Assolutamente sì. Ecco alcuni numeri: due milioni di bambini costretti ad abbandonare la loro casa, un milione di bambini rifugiato nei Paesi limitrofi alla Siria. Almeno settemila bambini uccisi, tre milioni che hanno bisogno di assistenza, due milioni soffrono la fame, almeno la metà delle strutture ospedaliere sono state danneggiate, poco meno di quattro mila scuole sono state distrutte o danneggiate. Qui c’è il serissimo rischio che un’intera futura generazione scompaia letteralmente.

D. - Come si può intervenire per salvare queste persone?

R. - È vero che l’intervento armato degli Stati Uniti e degli altri Stati occidentali è stato per il momento scongiurato, ma è anche vero che questa guerra c’è, c’è oggi, e c’è da quasi tre anni. Sono stati quindi tre anni di sofferenze intollerabili per la popolazione civile e in particolare per i bambini. Noi chiediamo alle Nazioni Unite e ai leader mondiali che anche loro si indignino, affinché facciano qualcosa di serio e di sensato per mettere fine a queste vergognose atrocità e che cerchino una soluzione diplomatica del conflitto in maniera molto forte, molto seria e che nell’’immediato si garantisca l’accesso umanitario nel migliore dei modi per soccorrere o quanto meno aiutare queste vittime della guerra. Ovviamente stiamo facendo tutto il massimo, stiamo fornendo beni di prima necessità, cibo, medicine, ma ovviamente non riusciamo a raggiungere certe zone per motivi di conflitti vari, di insicurezza, di guerra.

D. - I vostri partner locali cercano di interagire con le parti in conflitto o trovano l’incomunicabilità totale?

R. - Lavoriamo sia nelle zone occupate dall’esercito governativo che in quelle che sono invece dominate dalle forze ribelli. Ovviamente per portare il soccorso c’è bisogno - in qualche modo - di trovare una qualche forma di comunicazione che, se a volte c’è, ovviamente non è sempre facile. Spesso è difficoltosa, spesso non si riesce ad intervenire come vorremmo. Proprio per questo motivo chiediamo all’Assemblea delle Nazioni Unite e ai leader mondiali delle Comunità internazionale di garantire un immediato accesso umanitario a tutte le parti, a tutto il Paese.

Ultimo aggiornamento: 26 settembre







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