2013-09-25 16:14:22

Crisi umanitaria in Darfur: condizioni dei profughi al limite della sopravvivenza


Resta grave la crisi umanitaria del Darfur in Sudan. Dal 2003, quando è iniziata la guerra civile, le Nazioni Unite hanno contato 400mila morti. Sarebbero invece 300mila gli sfollati dall’inizio del 2013. La maggior parte dei profughi prova a fuggire in Ciad ma resta coinvolta nelle violenze dei miliziani. Sulle difficoltà che soffre la popolazione civile, Elvira Ragosta ha intervistato Antonella Napoli, giornalista e presidente di Italians for Darfur:RealAudioMP3

R. - Le condizioni sono proprio al limite della sopravvivenza, anche a fronte del fatto che molte organizzazioni non governative sono state espulse dal Darfur. Le condizioni igienico-sanitarie sono precarie, quindi la maggior parte dei casi di morte sono dovuti a problemi di infezioni intestinali, di dissenteria; c’è poi la malaria che miete molto vittime e anche diversi casi di febbre gialla. Nell’area del nord del Darfur c’è poi un’altra emergenza che è quella del diabete.

D. - Chi sono i responsabili di queste violenze?

R. - Sono vari gruppi armati, non sempre ben identificabili. La gran parte sono fuoriusciti dalle milizie arabe dei Janjaweed, che la Corte Penale Internazionale ha considerato il braccio armato di Bashir, il presidente del Sudan, che avrebbe usato questi “diavoli a cavallo” - letteralmente i Janjaweed - per sterminare le popolazioni del Darfur. Però ci sono anche scontri all’interno stesso delle fazioni filoarabe per la gestione di risorse e territori, perché vogliono avere il predominio sulle aree di pascoli o agricole.

D. - La popolazione civile prova a scappare nel vicino Ciad, ma la maggior parte muore durante il viaggio: perché?

R. - Perché il territorio è molto ampio; c’è da attraversare un deserto e poi, appunto, ci sono queste incursioni contro qualsiasi gruppo che sia in possesso anche soltanto di risorse alimentari o di mezzi, per poter fare razzia. Quindi il viaggio, quasi sempre, si interrompe prima di arrivare ai luoghi di salvezza, di speranza… Per questi sfollati arrivare in un campo è l’unico modo per sopravvivere!

D. - Sulla popolazione civile, che non è coinvolta negli scontri tra fazioni del Darfur, cosa possiamo dire?

R. - La popolazione del Darfur fondamentalmente vorrebbe ottenere due cose: la giustizia, perché nonostante vi siano dei mandati di arresto per alcuni esponenti del governo di Bashir e Bashir stesso, questa giustizia sembra molto lontana; e poi quella di una soluzione della crisi, che purtroppo langue da oltre 10 anni e nonostante vi sia un intervento molto forte da parte delle Nazioni Unite. Essendo il territorio molto vasto e le emergenze continue, non si riesce a far fronte a tutte le necessità del gran numero di sfollati che purtroppo aumenta di giorno in giorno.

D. - Secondo lei, come si uscirebbe nell’immediato da questa crisi del Darfur?

R. - Se non c’è una soluzione geopolitica, quindi la demarcazione di territorio e la definizione di ruoli amministrativo-politici, cercare di soddisfare quello che il Darfur fondamentalmente cosa chiede: e cioè che la popolazione locale possa gestire le proprie risorse, che non sia sempre e solo il governo centrale ad avere l’ultima parola su quelle che sono le risorse presenti sul territorio. Spesso i governi locali sono fantocci nella mani di Khartoum e questa cosa comporta una continua ribellione da parte delle realtà locali.







All the contents on this site are copyrighted ©.