2013-09-24 16:04:13

Siria. Attentato a Damasco: almeno 7 morti


E' di almeno sette morti e 15 feriti il bilancio dell'esplosione di un'autobomba a Tadamon, un quartiere meridionale di Damasco. Lo riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani. I responsabili dell'attacco, secondo l'emittente televisiva di Stato, sono le forze ribelli dell'opposizione al regime di Assad. Da mesi il quartiere di Tadamon è un campo di battaglia per il conflitto tra i ribelli e le forze governativo, e l'esplosione è avvenuta in uno dei pochi punti ancora controllati dall'esercito siriano. Intanto, è stato confermato il sequestro dell’inviato di El Periodico, Marc Margineda. Tutto questo mentre all’Assemblea generale dell'Onu i leader stanno discutendo sulla possibile risoluzione sulla Siria. Mosca ipotizza un accordo entro questa settimana. Il nodo è il riferimento all’uso della forza. Fausta Speranza ne ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:RealAudioMP3

R. – Visto che l’uso della forza è stato in forse, o meglio, c’è stato un effetto elastico tra "attacchiamo-non attacchiamo", soprattutto quando si tratta dell’Onu bisogna stare attenti a giustificare l’adozione degli articoli preposti all’uso della forza. La Russia si sta impegnando sempre di più in questa operazione internazionale e fa le debite pressioni anche sul regime di Assad perché gli impegni presi vengano rispettati. Se questo è lo scenario, continuare ad insistere sull’uso della forza mi sembra quantomeno inopportuno. Credo che i siti, in un modo o nell’altro, fossero conosciuti: quindi, si sapeva che la Siria aveva le armi chimiche, probabilmente una parte dei siti era conosciuta … Ora, credo che Assad abbia preso un impegno forte con il suo protettore del Nord, cioè la Russia, e quindi qualsiasi atteggiamento, qualsiasi azione debba intraprendere o si consulta con Mosca, o deve stare molto attento a come si comporta: Assad ha troppi occhi puntati addosso! Quelli degli Stati Uniti, quelli francesi, che sono anche quelli dell’Iran, alleato storico e che è interessato ad entrare nel processo di pace … A Sud c’è Israele … Quindi, deve fare particolare attenzione, in questo momento, a cosa farà e a qualsiasi tipo di atteggiamento deciderà di intraprendere.

D. – Bisogna dire però che mentre i “grandi” discutono, l’Unicef lancia un appello per qualcosa di molto concreto: cioè, servirebbero corridoi umanitari per salvare civili e bambini …

R. – E’ un problema che è sorto fin dall’inizio della guerra civile. Basti pensare ai campi profughi installati rapidamente nel momento in cui si è creata la questione dei profughi. Se il problema dei bambini o delle donne, o dei profughi in generale, era serio già all’inizio, figuriamoci adesso, dopo due anni di guerra civile!

D. – Si parla dei profughi fuori degli altri Paesi, invece sembra molto più difficile avere il controllo della situazione nel Paese. Si continua a morire – decine di morti nelle ultime 24 ore – e una situazione sostanzialmente di mancanza di controllo del territorio: è così?

R. – E’ così: sembrava da un po’ di tempo che il potere centrale stesse cominciando a ricontrollare il territorio; questo, naturalmente, ha portato a contrattacchi da parte dei ribelli e questo porta ad una totale instabilità sul terreno, e la totale instabilità e l’insicurezza sul terreno portano ad un incremento di gente che fugge. Quindi, è ancora più complicato poter gestire la questione. Da un punto di vista strettamente militare, in questo momento non si sa di preciso come stanno andando le cose. Se l’esercito siriano sembrava aver ripreso il controllo in varie roccaforti, in vari capisaldi dei ribelli, adesso, anche per non esasperare la situazione militare, il regime di Assad mostra serie difficoltà sul campo.

In Siria sono almeno due milioni i bambini che combattono la guerra contro la fame. Lo denuncia Save the Children che ha presentato un rapporto oggi, in occasione dell’apertura dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, alla quale l’organizzazione chiede di intervenire immediatamente. Nel documento, che riporta diverse testimonianze, si racconta dei 7 milioni di abitanti caduti in povertà dall’inizio del conflitto, di come nelle aree rurali di Damasco un bambino su venti sia malnutrito, mentre il 14% sia affetto da malnutrizione grave. Le famiglie, spiega ancora Save the Children, non sono più in grado di produrre o comprare cibo. E' stato quindi istituito il numero verde telefonico al quale chiamare nel caso si volesse sostenere gli interventi nell'area: 800 68 50 00. Francesca Sabatinelli ha intervistato il portavoce in Italia, Filippo Ungaro: RealAudioMP3








All the contents on this site are copyrighted ©.