La condanna all'ergastolo di Bo Xilai chiude in prima istanza il processo più atteso
e controverso in Cina dopo quello alla Banda dei Quattro nel 1981. Una sentenza accolta
con scetticismo e sarcasmo. Stefano Vecchia:
La sentenza
con i giudici della Corte intermedia di Jinan hanno condannato ieri all'ergastolo
Bo Xilai era attesa e prevista, alla conclusione di un processo che ha attratto e
polarizzato come mai mass media e cittadini cinesi. I giudici hanno pronunciato il
verdetto di condanna per tutti e tre i capi d'accusa: corruzione, peculato e abuso
di potere, condannando Bo al massimo della pena carceraria, ma salvandolo dall'esecuzione.
Nessuno sconto ma qualche calcolo politico, ha deciso la sorte dell'ex potente capo
del Partito comunista nella megalopoli di Chongqing, fino a due anni fa destinato
addirittura a contendere all'attuale capo dello Stato Xi Jinping, la carica di presidente
della repubblica e di segretario del partito. Ad avviare le indagini che hanno portato
all'incriminazione e al processo, il tentativo di coprire la moglie Gu Kailai, coinvolta
nell'omicidio di un imprenditore britannico nel novembre 2011. Il fatto che proprio
la moglie si sia trasformata in testimone cardine dell'accusa ha aggiunto sapore alla
vicenda giudiziaria di Bo, che dal febbraio 2012 e fino all'avvio del processo il
18 agosto scorso, è stato privato gradualmente di tutte le cariche politiche, amministrative
e di partito. A evitargli il carcere a vita, oltre all'interdizione perpetua dai pubblici
uffici e la confisca di tutte le proprietà personali, non è bastata un 'appassionata
difesa durante il dibattimento e, a un giorno dalla lettura della sentenza, l'impegno
a non smettere di lottare perché emerga la sua verità. Gli avvocati hanno già anticipato
un ricorso in appello, ma pochi si illudono sulla clemenza dei giudici. Se l'ex potente
ha infatti dalla sua la simpatia di molti che gli riconoscono tocco umano e capacità
manageriale, la leadership di Pechino ha fatto del processo un manifesto. L'intento
è di dimostrare insieme compattezza, volontà di rinnovamento chiudendo a nostalgie
maoiste, impegno a lottare contro i “mali” che minano agli occhi di una popolazione
sempre meno remissiva la credibilità di apparato statale e quadri di partito.